ZOOTROPOLIS: Come trasformare una già piacevole conferenza stampa in un divertente show tutto all'italiana

Nel corso di quasi 100 anni di vita i Walt Disney Animation Studios hanno portato avanti una lunga tradizione di lavori incentrati su animali parlanti: Bambi, Dumbo, Il Libro della Giungla, Robin Hood, Il Re Leone e molti altri ancora. I creatori di Topolino, nella loro 55° fatica cinematografica, Zootropolis, tornano a raccontare una storia con animali antropomorfi come protagonisti: uno strano e colorato mondo animato abitato esclusivamente da predatori e prede.

Nella piccola ma sfarzosa Sala Torlonia dell’Hotel de Russie di Roma, barocca quasi quanto i portieri in tuba e redingote che attendono gli ospiti all’ingresso, abbiamo incontrato i registi Byron Howard e Rich Moore, il produttore Clark Spencer, le voci italiane di alcuni dei buffi protagonisti Massimo Lopez, Diego Abatantuono, Teresa Mannino, Frank Matano e Paolo Ruffini.

Gli autori, con grande e coinvolgente entusiasmo, ci spiegano che “il nostro scopo era quello di ottenere una fusione tra i classici Disney, come ad esempio Roobin Hood o il Re Leone, e una storia che mantenesse sì l’appeal tradizionale, ma con un tono completamente contemporaneo”. Obiettivo, questo, pienamente raggiunto dal team americano, visto che in Zootropolis ritroviamo sia la magia dei vecchi capolavori d’animazione che la metafora del mondo moderno, dove, a detta di Moore, “gli impiegati della Motorizzazione statunitense sono talmente lenti che non potevano che essere dei bradipi a rappresentarli, e mi sembra che anche gli italiani ne sappiano qualcosa”. E come non dargli ragione?

L’ultimo lungometraggio firmato Disney potrebbe essere definito come un Buddy Movie sui generis, una detective story in cui due individui opposti, la coniglietta Judy e la volpe Nick, sono costretti a collaborare. Ma a cosa, o a chi, si sono ispirati i due filmaker?  “Amiamo molto i film d’investigazione e così abbiamo rivisto e analizzato Arma Letale, 48 ore e Beverly Hills Cop, tanto per citarne alcuni; inoltre crediamo che questo sia il primo film poliziesco d’animazione a marchio Disney che i bambini di oggi potranno vedere al cinema: dunque un motivo in più per lavorare al meglio.” In effetti, quelli che furono i piccoli spettatori di Basil L’Investigatopo, del 1986, oggi non sono altro che dei “ragazzi” adulti!

E’ però anche vero che nel 2005, con l’arrivo alla Walt Disney Company di John Lasseter, considerato da molti come il vero innovatore della “fabbrica dei cartoons”, la Casa di produzione americana ha fatto un notevole balzo in avanti.  “John Lasseter, insieme ai suoi colleghi, più che formare un team ha creato una grande famiglia, dove registi, animatori e storytellers cooperano incessantemente per la riuscita di un film. Credo che siano gli unici Studios di Hollywood dove si sia raggiunto questo tipo di collaborazione.”  E noi, visti i frutti di tale lavoro di gruppo - Ratatouille, Up, Rapunzel, Frozen, Big Hero 6, Inside Out e Zootropolis - non possiamo che esserne contenti.

La metropoli del film è una città diversa da qualunque altra, composta da quartieri che celebrano culture differenti e in cui ogni cittadino del mondo potrà identificarsi. “Il nostro Studio è composto da 800 persone che provengono da ogni parte della Terra, quindi abbiamo guardato a varie città come Shanghai, Tokyo, Barcellona, Roma, Parigi e anche ad alcuni Centri americani, ma il nostro obiettivo era quello di conferire a questi spazi una caratteristica che consentisse ad ogni spettatore d’ identificarvisi, anche se in un mondo folle riempito da animali”.  Questo è ciò che il trio yankee sottolinea per spiegare la complessità dell’ambientazione, un solo luogo che racchiude in sé le aree più disparate: Piazza Sahara abitata dagli animali del deserto, Tundratown dagli orsi polari, il Distretto di Foresta Pluviale simile a una giungla e Savana Centrale come un crocevia nel quale convivono tutti i mammiferi.

Ma c’è dell’altro. Zootropolis, nelle intenzioni dei suoi creatori,  “è una storia di maturazione, un viaggio dove scopriamo che il mondo non è perfetto e per cambiarlo è necessario modificare noi stessi, i nostri, a volte, errati comportamenti dettati troppo spesso da ottusi preconcetti”. E come poteva mancare la sempre presente, saggia morale disneyana?

Ed è a questo punto che, in un battibaleno, assistiamo al cambio della guardia: a una rapidissima uscita di scena degli americani si sostituisce la rumorosa entrata in sala dei baldanzosi  “doppiatori” italiani. E così, tra le fragorose risate di Frank Matano e le battute a gogo di Diego Abatantuono, la conferenza stampa si trasforma in un irresistibile show di oltre 30 minuti. “Per me è stato molto divertente doppiare Finnik, uno strano volpino topato, ma d’altronde tutti i film della Disney sono spiritosi e bellissimi, anche perché, se così non fosse, con tutte le volte che li ho visti, prima come bambino e poi come padre di tre figli, mi sarei dovuto gettare dalla finestra del mio pianterreno, e io anche se cado da fermo mi faccio male.” Ecco come il lombardo di Eccezzziunaleveramente ha segnato il climax dell’intero incontro con i giornalisti. “Sì, per tutti è stata una bella esperienza” prosegue Abatantuono, “anche se sarebbe stato divertente rispondere il contrario!”.

Ma, tra gag e imitazioni spontanee, i cinque artisti made in Italy svelano i personaggi dei film animati che avrebbero voluto doppiare: Paolo Ruffini, un personaggio di Le follie dell’Imperatore, Frank Matano, Rafiki nel Re Leone, Massimo Lopez, tutti gli animali de Il Libro della Giungla, Diego Abatantuono, l’orso Baloo, Teresa Mannino, i topini di Cenerentola.

E’ arrivata l’ora di pranzo e il piacevole appuntamento giornalistico è giunto al termine. La bella sensazione che rimane è quella di avere conosciuto tre uomini d’oltreoceano brillanti e appassionati del loro lavoro, e una cinquina nostrana di esilaranti attori.