10 Cloverfield Lane

Se al quinto minuto di una proiezione si rimane a bocca aperta, e non per quanto accade nella narrazione, ma essenzialmente per “come” accade, vuol dire che si sta per assistere a qualcosa di dirompente. 10 Cloverfield Lane, diretto dall’esordiente Dan Trachtenberg e prodotto da JJ Abrams, lascia esterrefatti fin dall’inizio.

Una ragazza scappa da un appartamento, e probabilmente anche da se stessa, portando via soltanto una bottiglia di whisky. La fuga avrà però vita breve perché, a causa di un incidente d’auto, la giovane donna perderà i sensi e si risveglierà in un seminterrato in compagnia di due uomini, dai quali saprà che, per non si sa bene cosa, l’aria all’esterno è stata contaminata da radiazioni. Sarà vero?

Il regista americano, grazie al contrasto tra immagine e suono, fa rivoltare le budella già prima dei titoli di testa. In platea l’angoscia striscerà tra le poltrone e, come un subdolo terzo incomodo, abbandonerà la sala solo a visione ultimata. In 10 Cloverfield Lane la spirale di tensione cresce esponenzialmente grazie al gioco di diffidenza tra i personaggi: tutti si chiedono infatti se gli altri siano chi dicono di essere, se stiano o no mentendo e, soprattutto, cosa sia realmente successo al di fuori del loro rifugio. Lo spettatore, senza neppure rendersene conto, entrerà nella mente dei protagonisti vivendo così in prima persona i loro stessi dubbi: l’umanità si è estinta?  E’ giunto il giorno del giudizio universale? La Russia ha lanciato un attacco nucleare? I marziani hanno invaso la terra?... Rebus difficili da risolvere anche per i più abili enigmisti!  

Il bunker claustrofobico in cui ha luogo l’intera storia costituisce uno degli elementi centrali del film, e l’atmosfera di solitudine e isolamento che ne consegue trasmette un profondo stato d’ansia. I colpi di scena montati ad arte contribuiscono inoltre a rendere 10 Cloverfield Lane un vero e proprio incubo ad occhi aperti. Va comunque riconosciuto che, pur non mettendo in discussione la bravura di Mary Elizabeth Winstead e John Gallagher Jr, senza la presenza di John Goodman quest’opera non sarebbe stata la stessa. Sì, perché ammirarne la gestualità e i repentini mutamenti d’espressione mentre interpreta l’ inquietante ruolo di maniaco della sopravvivenza… vale già l’intero costo del biglietto.

Il cineasta statunitense riesce dunque a realizzare come suo primo lungometraggio uno splendido thriller psicologico con forti richiami post-apocalittici e, al di là di ogni aspettativa, regala al pubblico un prodotto solido, intelligente e ben fatto… nonostante il finale!

Ma cosa ha a che vedere il lavoro di Trachtenberg con il Cloverfield del 2008? A parte il titolo, il produttore, e i lauti incassi ai botteghini americani… nulla!