7.19am

7.19 am. Il titolo fa riferimento all’orario in cui, la mattina del 19 Settembre 1985, un forte sisma colpisce Città del Messico.
Una tragedia che il cineasta messicano Jorge Michel Grau – autore nel 2010 del dramma horror con famiglia di cannibali Siamo quello che mangiamo – fa avvenire subito dopo aver presentato i personaggi al centro della oltre ora e mezza di visione, riallacciandosi, appunto, ad uno dei più disastrosi, reali terremoti del XX secolo, verificatosi proprio nella data sopra citata.
Personaggi comprendenti l’alto funzionario dello Stato Fernando Pellicer, interpretato dal Damián Bichir del tarantiniano The hateful eight, e dal guardiano notturno Martin Soriano, ovvero il veterano Héctor Bonilla, i quali si trovano all’interno di un edificio governativo destinato a crollare non appena iniziato il film.

Perché, un po’ sulla falsariga del Buried – Sepolto che vide Ryan Reynolds rinchiuso vivo in una cassa sotto terra, è incastrati tra nove strati di cemento e lamiere contorte che seguiamo i due per la quasi totale durata dell’insieme, impegnati a conversare disperatamente tra loro, separati da poco spazio, nel tentativo di capire la maniera in cui poter uscire vivi dalla tragica situazione.
Con incluse grida fuori campo di altri probabili sopravvissuti – tra cui l’addetta alle pulizie Nadia Ramirez alias Azalia Ortiz – e parole provenienti da qualche notiziario radio, quindi, la sostanziale differenza tra l’operazione in questione ed il thriller di Rodrigo Cortés risiede nel coinvolgere più figure nella tutt’altro che rassicurante e claustrofobica circostanza volta ad occuparne l’intera durata. Figure che tentano, tra l’altro, di non far scaricare le pile delle torce a disposizione per non rimanere al buio e che, del tutto bloccate e prive di acqua, non possono fare a meno di pensare di ingerire la propria urina per potersi dissetare.

Man mano che, come è lecito a spettarsi, a catturare l’attenzione dello spettatore è soprattutto il desiderio di sapere chi uscirà vivo e in che modo dall’involucro-prigione rappresentato dalle macerie... nel corso di un esercizio di stile confezionato con professionalità (e, se vogliamo, leggermente sadico) e non eccelso, ma non poco dispensatore di angoscia e capace di rivelarsi efficace attacco da schermo al capitalismo nel tirare in ballo una evidente denuncia nei confronti delle tanto chiacchierate ed onnipresenti speculazioni edilizie.