Alienween

Non stupisce affatto che i titoli di testa richiamino in un certo senso alla memoria, nella grafica, quelli che avevano introdotto diversi capitoli della saga fantascientifica a basso costo Trancers, considerando che dietro la camera di ripresa si trovi il Federico Sfascia che aveva già provveduto a manifestare una determinata attrazione da parte della celluloide di genere degli anni Ottanta nella sua opera prima I rec u, del 2012.

Ma, se lì – con addirittura il coinvolgimento di Terry Gilliam in un cameo – avevamo un ragazzino capace di vedere il volto delle donne soltanto ricorrendo ad occhiali piuttosto speciali, qui i protagonisti sono quattro trentenni che, legati da una passata amicizia e impegnati a trascorrere la notte di Halloween all’insegna di droghe e prostitute nella casa della loro adolescenza, si trovano ad avere a che fare sia con l’arrivo delle gelose fidanzate, sia con l’infezione extraterrestre che li colpisce in seguito ad una misteriosa pioggia di comete.

Quattro trentenni tra cui il Guglielmo Favilla che fu nel 2011 interprete dello zombie movie Eaters insieme all’Alex Lucchesi qui calato nei panni di un conduttore radiofonico, forse in omaggio a K. Billy Super Sound del tarantiniano Le iene, forse alla Adrienne Barbeau di Fog.  
Quest’ultimo, tanto per rimanere in tema di riferimenti al decennio reaganiano, come testimonia anche la colonna sonora a firma di Alberto Masoni, vicina in diversi punti al mitico tema che accompagnò la serie Phantasm; ancor prima del plot non distante, nell’idea di base, da quello dell’ingiustamente dimenticato Dimensione terrore di Fred Dekker.

Decennio in cui, come in questo caso, nel cinema horror i corpi si scioglievano disgustosamente ed i fluidi assortiti schizzavano in maniera copiosa sulla scia del successo de La casa di Sam Raimi, facendo da efficace corredo raccapricciante a ristrette ma funzionali ambientazioni proto-teatrali. Regalando una tipologia di Settima arte di genere a basso costo di sicuro baraccona e molto poco vicina alla credibilità, ma, paradossalmente, proprio per questo capace di trasportare il pubblico in una ideale dimensione lontana da quella concretamente temibile del quotidiano vivere.

Dimensione andata a perdersi con l’introduzione di una sempre più fredda effettistica digitale e per colpa di una ricerca del realismo a tutti i costi che non provvede a fare altro che a crescere generazioni di spettatori perennemente ancorati al vero e, di conseguenza, tutt’altro che impostati per sognare davanti al grande schermo.

Quindi, poco importa se la storia di amicizie ed amori perduti in salsa alien invasion messa in piedi dal giovane cineasta umbro (e con un budget inesistente, va precisato) presenti la stessa pecca di essere tirata un po’ per le lunghe come la sua precedente fatica e appaia in più punti confusa, in quanto, immersi in fumi nebbiosi colorati da luci opportunamente filtrate, non possiamo fare a meno di lasciarci travolgere da un folle, indiavolato miscuglio di splatter, humour e spruzzata di romanticismo in grado di intrattenere a sufficienza senza badare troppo alla sintassi... proprio in maniera analoga a tanti di quei b-movie trash che affollavano i polverosi scaffali negli angoli meno illuminati delle sempre più lontane videoteche