Anche senza di te, quando il troppo stroppia

Poteva essere una commedia migliore ma ha deragliato, facendo un brutto incidente. Il film di Francesco Bonelli, Anche senza di te, con Myriam Catania, Nicolas Vaporidis e Matteo Branciamore è un esordio alla regia quantomeno azzardato perché le premesse per farne una commedia leggera e frizzante c'erano, ma il tutto è stato stravolto dalla volontà di inserire nella narrazione tante, troppe altre tematiche oltre alla relazione sentimentale tra la protagonista, il futuro marito ed il collega.

Ogni personaggio diventa infatti ben presto portatore di una, se non più questioni: Myriam Catania, in primis, è Sara, una giovane donna che soffre di autofobia, ovvero la paura di restare soli ed essere abbandonati. Ma Sara è anche un'insegnante precaria della scuola primaria – tematica che rimane sullo sfondo seppure sollevata fin dalle prime battute – e una sostenitrice dell'Approccio Reggio Emilia di Loris Malaguzzi. Approccio innovativo perché punta sull'incoraggiamento dell'autonomia creativa del bambino ma, diciamocelo, assai complesso da analizzare sul grande schermo, soprattutto se il portavoce è un film così debole. La Catania a sua volta è la futura moglie di un medico in carriera, Branciamore, vittima del nepotismo che, ancora oggi, vige in molti ospedali. Ben più capace del figlio del primario, non gli viene riconosciuto alcun merito e quando ciò accade, uno strano gioco di poteri vuole finalmente piazzarlo al posto che gli spetta a patto che si sposi, perché un uomo non ammogliato non fa fare bella figura all'ospedale gestito da religiosi.

Dopo la prima litigata tra i due futuri sposini entra in campo Nicolas Vaporidis alias Nicola, collega di Sara, anche lui sostenitore del metodo Malaguzzi: un giovane vedovo che vive con il suocero e che cerca, quotidianamente, di superare il lutto. Altro argomento non da poco ma allo stesso tempo non del tutto approfondito. Il suocero, interpretato dal bravissimo Pietro de Silva, è l'unica figura davvero piacevole e riuscita del film. Un uomo anziano che fa i conti con la perdita della figlia, aggrappandosi al genero e ai suoi ricordi e, profondamente affezionato al ragazzo, spera che si ricostruisca presto una vita con un'altra donna.

Ma non è finita. Nel pieno delle discussioni con quello che di lì a poco dovrebbe diventare suo marito, Sara si avventura sui siti per incontri e conosce Carlo, Alessio Sakara, un ex attore porno che vorrebbe interessare il pubblico in altri modi ma non viene preso sul serio. Persona amabile e sincera, diventerà il migliore amico della donna scatenando la gelosia dei malcapitati Branciamore e Vaporidis.

Dulcis in fundo, tra i piccoli alunni della maestra Sara vi è Antonio, vittima di un padre-padrone che lo trascura lasciandolo sporco e maleodorante, la cui madre inizialmente attacca la maestra e l'istituzione, cosa purtroppo all'ordine del giorno da qualche anno a questa parte.

Per farla breve, troppa carne al fuoco: troppi argomenti sollevati ma mai del tutto approfonditi, troppa voglia di raccontare altrettante innumerevoli cose quando sarebbe bastato scegliere una strada e percorrerla in maniera lineare, sviscerandone ogni singolo aspetto. La stessa durata del film, in linea con la normale produzione, sembra infinita, segno che qualcosa nella sceneggiatura – prolissa e confusionaria - è andato storto e che la vicenda non è riuscita a catturare l'attenzione dello spettatore.

Neanche con il curioso, nonché simpatico ricorso al passaggio dal colore al bianco e nero nei frammenti onirici di cui è vittima la protagonista. Neanche mostrando alcune meraviglie gastronomiche pugliesi come le friselle al pomodoro o l'olio e il vino di produzione propria.

Un pot pourri sgraziato di dramma, denuncia, educazione, sentimenti e relazioni col prossimo.