Bacurau – Dal Brasile un’opera pura e surreale firmata Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles

A qualche anno da oggi…

A Bacarau, una piccola cittadina del sertão brasiliano, si piange la scomparsa di Carmelita, matriarca nonché simbolo e icona di un’intera cultura comunitaria, passata a miglior vita alla veneranda età di 94 anni. Per omaggiare la donna interviene l’intero paese, e dopo tanto tempo fa ritorno a casa anche la nipote Teresa. Ma subito dopo il trapasso della donna, una serie di strani accadimenti iniziano a rivoluzionare la routine apparentemente placida di una terra profondamente legata alla sua identità e alle sue radici culturali.

A distanza di tre anni dalla meravigliosa epica di resistenza sociale di Aquarius, il brasiliano Mendonça Filho (che qui co-dirige con Juliano Dornelles) torna in concorso a Cannes con l’irriverenza e l’anticonvenzionalità che lo contraddistinguono. Torna di nuovo anche la meravigliosa attrice Sonia Braga, qui nella parte di una dottoressa dalle molteplici doti, e tornano le tematiche care al regista e già affrontate in Aquarius. In un placido paesino all’apparenza sufficiente a sé stesso, e contaminato solo dalla propria cultura, la perdita della matriarca è elemento scatenante di una crisi, poi rivoluzione, poi infine resistenza comunitaria. L’avvento di una serie di stranezze (la sparizione dalle mappe della località Bacurau, le morti, la presenza di americani sul territorio invischiati in una dubbia operazione di stampo militare), e tutto ciò che di alieno accadrà in quella circostanza assumerà  però poi una chiara valenza politica e sociale. Una dinamica in cui domina l’elemento esterno, ingerenza di business e potere che operano per mettere sotto scacco una comunità di valori fondanti e integra, dove – in fondo – tutti sanno fare qualcosa, ma “nessuno fa il ladro”.

Mischiando generi (western, thriller, dramma esistenziale) e muovendo l’opera lungo una labile linea di confine tra realismo magico e surrealismo, e in cui convergono ragioni sociali (le dinamiche comunitarie), politiche (l’incursione dell’interesse straniero) ed emozionali (i valori legati alla perdita, al lutto, al cordoglio per la scomparsa di un caro),  Filho e Dornelles disegnano un mosaico umano composito e complesso, a tratti molto ondivago e difficile da decifrare, ma che poi cerca e afferra il suo senso in prossimità del finale, dove l’opera scioglie il suo simbolismo per farsi cinema d’autore puro ed essenziale, radicale e anticonvenzionale.

Un’opera contaminata da una fortissima valenza culturale ma segnata anche da un grande messaggio sociale e politico, un messaggio che i due registi ribadiscono a chiare lettere anche subito prima dei titoli di coda: “cultura è sia identità che industria”. E lo dimostrano con questo loro film che ha dato lavoro a tantissimi pur restando aggrappato alla sua imprescindibile connotazione artistica e culturale.    

(Fonte foto: SBS Films; Crédits Photo: ©2019 VICTOR JUCÁ)

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