Broken Mirrors, una metafora emozionante sui mutamenti di un Paese

Presentato ad Alice nella città, sezione autonoma della Festa del Cinema di Roma, il film israeliano Broken Mirrors, scritto e diretto da Imri Matalon e Aviad Givon, è un’opera prima eccellente, ben diretta e profondamente toccante.

Ariela è una ragazza cresciuta come una ribelle contro la sua volontà. Giora, suo padre, è infatti un ufficiale dell’esercito israeliano che osserva ogni suo movimento e la punisce anche per il più piccolo errore commesso. A causa di un tragico incidente che coinvolgerà l’intera famiglia e del quale lei si sente responsabile, Ariela scivolerà improvvisamente in una spirale di sensi di colpa e di autolesionismo…

Girato con estrema maestria e aiutato da uno sceneggiatura solida e mai banale, Broken Mirrors ha il grande merito di utilizzare un racconto di formazione incentrato su una storia intima e personale, per analizzare invece alcuni dei limiti della moderna società israeliana ascrivibili alle tradizioni del passato, quali ad esempio i temi del peccato, dell’espiazione della colpa e del perdono. Il rapporto tra la protagonista, interpretata dalla sorprendente Shira Haas, e il proprio padre, l’altrettanto bravo Yiftach Klein, è la rappresentazione metaforica del grande mutamento in atto nello Stato israelitico, dove regole ferree, rigida educazione, esagerato senso di responsabilità e sistema di vita patriarcale si scontrano con la forza dirompente delle nuove generazioni che avanzano: ragazzi e ragazze che sembrano ancora incastrati in un mondo fatto di legacci, ma che in sostanza già possiedono dentro di sé il seme dell’indipendenza.

In questo commovente e drammatico viaggio all’interno di una realtà così dolorosa, che troverà soluzione solo quando gli specchi si frantumeranno in mille schegge, l’empatia tra i personaggi e gli spettatori toccherà livelli altissimi: un vortice di contrastanti e potentissime emozioni. Senza far ricorso a scene volutamente strappalacrime, anzi, adottando uno stile asciutto e mai ridondante, e superando il difficile scoglio degli stereotipi, i due registi riescono a realizzare una magnifica opera d’esordio, un lavoro rigoroso, fresco e sincero.

Givon e Matalon costruiscono a perfezione la complessità dei caratteri di Ariela e di Giora, dipingendo la prima come un’anima fragile e al contempo fornita di una volontà d’acciaio, e il secondo come un uomo che dietro la maschera dell’arroganza e dell’insensibilità nasconde il suo vero mondo: un universo vibrante fatto di disperazione e ancestrali paure. Shira Haas – che ha debuttato al cinema con Princess nel 2014 e che ha poi ricoperto il ruolo di Ursula a fianco di Jessica Chastain ne La signora dello zoo di Varsavia – è comunque la vera colonna portante del film. Presente in quasi ogni scena, e capace di sostenere in maniera impressionante i tanti primi piani a lei dedicati, la Haas dimostra talento da vendere.

La strada per la libertà, al pari di quella per il perdono, è lastricata di ostacoli infiniti, barriere più mentali che fisiche difficili da superare, ma ogni individuo - così come ogni nazione - ha il diritto e il dovere di perseguire il giusto cammino, anche se straziante. Ecco, questo è il messaggio che lo splendido Broken Mirrors regala al pubblico: vi sembra poco?