Cane mangia Cane: In questo mondo di ladri

Cane mangia cane è la creatura più psichedelica di Paul Schrader, l’inarrivabile sceneggiatore di Taxi Driver e Toro scatenato. Il film è tratto dal best seller Dog Eat Dog di Edward Bunker, condannato alle patrie galere per crimini vari - tra cui una rapina a mano armata - che in cella scopre la sua vena letteraria e diviene un autore apprezzato tanto da James Ellroy quanto da Quentin Tarantino.

Schrader realizza un teorema visivamente potente, dove l’inversione di marcia per i criminali è negata e mai effettivamente cercata. Cane mangia cane è anche un film sul controllo o, per meglio dire, sull’autocontrollo impossibile da trovare per i personaggi di questa storia di bizzarra malavita. Tanti i gesti gratuiti di crudele ferocia generati da soggetti superficiali, frutto di una realtà dove l’imprevedibilità regna sovrana. Può capitare da un momento all’altro che il male presente in ognuno di noi irrompa fuori per demolire il banale vivere quotidiano: tutto allora si riduce a tracce di sangue spruzzate da una vena balbettante dosi massicce di cinismo splatter. Magistrale in tal senso la sequenza iniziale con un Willem Dafoe strafatto, che guarda la tv assiso sulla poltrona di un appartamento rosa shocking. Poi, basta una piccola oscillazione nella banderuola della follia e cosa ti fa quel maledetto cane di un Mad Dog? Ti stermina così, senza alcun cedimento, l’ex amante e la figlia adolescente di lei. Semplice.

Quel poco che c’è di buono in Cane mangia cane è, in realtà, molto se si sorvola su una sceneggiatura davvero mal scritta. Il regista di American Gigolò e Auto Focus confeziona una piccola chicca per gli amanti di un certo cinema di genere, innervato da quella stessa cultura pop di cui pur si burla. Si tratta di un’opera molto parlata che spesso passa il segno, specie quando in scena predomina il Mad Dog di Dafoe. Anche il Troy interpretato da Nicolas Cage riflette a voce alta il delirio di un’esistenza che potrebbe iniziare a ruotare per il senso giusto se solo si presentasse l’occasione per il crimine perfetto. E l’occasione sceglie proprio quello spilungone disilluso alla Humphrey Bogart per palesarsi. Ma, il ruolo più interessante è senza dubbio quello che Schrader affibia a Christopher Matthew Cook, già visto in Cani sciolti di Baltasar Kormákur. Il suo Diesel non è una sprezzante caricatura al pari di Mad Dog o di Troy: è più un personaggio a tutto tondo, cui spesso ronza in testa il desiderio di aprirsi agli altri, ma poi si ritrae esattamente come fa una tartaruga quando si ritira nella propria corazza.

Curiosità finale: il regista ritaglia per sé un piccolo cameo, comparendo nel film come il vecchio saggio El Greco.