Cannes 2017: Yorgos Lanthimos esegue la sinfonia di un algido thriller psicologico dai risvolti horror

Due anni fa il regista greco Yorgos Lanthimos (nato 44 primavere fa ad Atene) aveva stupito e convinto la croisette con il suo ‘animalesco’ The Lobster, thriller psicologico ambientato in una società distopica (e dispotica) dove i single non avevano ‘vita facile’ e rischiavano la definitiva trasmutazione in animali. In concorso ufficiale al Festival di Cannes numero 70 Lanthimos presenta invece quest’anno The Killing of a Sacred Deer (letteralmente, uccisione del cervo sacro, e ancora una volta c’è un animale a fare capolino dal titolo), un thriller con venature horror dalla notevole progressione narrativa e che colpisce, almeno fino a un certo punto, per l’efficacia di una messa in scena che esalta le note chiave del dramma crescente a cui si presta. Una trama legata a doppio filo al senso asfissiante di manipolazione psicologica e che sfrutta al meglio lo scenario asettico degli ambienti medicali (ambienti sempre grandi e perlopiù spogli, silenti e biancastri) per esaltare la parabola classica del graduale, sfiancante logorio di quello che all’inizio appare come un perfetto quadretto famigliare: una coppia di medici bella, affiatata e di successo e i loro due amati e talentuosi figlioli. 

Il misterioso rapporto tra l’affermato chirurgo (Colin Farrell) e l’adolescente dai comportamenti ambigui (Martin/Barry Keoghan), diviene presto il centro nevralgico attorno a cui Lanthimos fa girare la sua roulette russa. Una storia di adolescenze ancora imberbi ma già assai capaci di turbare le vite dei loro ’interlocutori’ ben piu maturi, e che pare avere affinità anche con opere apparentemente meno di ‘genere’ di questa, come il Nella Casa di Ozon o il ...e ora parliamo di Kevin di Lynne Ramsay (fatalità, anche lei in concorso a Cannes 70 con il titolo You Were Never Really Here). 

Il film del regista greco mostra una spiccata genialità nell’affiancare musica, ambienti e personaggi nel suo graduale gioco a ‘perdere’. D’altro canto, medicina, sessualità, ricatto, e vendetta sono tutti elementi che Lanthimos mescola bene nella sua macchina audiovisiva algida e a tratti delirante per mettere a segno un plot forse già visto o non troppo originale, ma condito con la giusta dose di  colpi di scena, e supportato da un cast funzionale in cui spiccano il giovane protagonista Barry Keoghan (davvero inquietante e magnetico) e il sempre bravo Colin Farrell nei panni del chirurgo padre di famiglia. Senza contare la presenza delle ‘ritrovate’ Alicia Silverstone e Nicole Kidman

Come accadeva in The Lobster anche qui la tensione/violenza psicologica è il filo trainante del film, ed è anche ciò che viene meno verso il twist finale quando l’opera cerca con maggiore insistenza di virare verso l’horror. In quest’ultima parte del film, infatti, il traino psicologico perde un po’ di verve lasciandosi alle spalle anche parte dell’appeal guadagnato fino a quel momento. Infine e comunque, tra genio e follia, The Killing of a Sacred Deer spiazza e divide, restando per molti versi opera con indubbie accelerazioni ‘adrenaliniche’