Deepwater - Inferno sull'oceano

Il titolo originale è Deepwater Horizon, proprio come il nome della piattaforma trivellatrice semisommergibile che, situata in acque profondissime al largo della costa della Louisiana, ha finito per attirare l’attenzione di tutto il mondo quando, durante le operazioni nel pozzo Macondo, divenne il tragico teatro di uno del più grave disastro della storia americana il 20 Aprile del 2010, con undici vittime ed un inarrestabile sversamento di greggio nell’oceano.
Disastro generato da sacche di metano instabile risalito con forza letale lungo il canale di trivellazione e su cui, per il New York Times, David Barstow, David Rohde e Stephanie Saul hanno redatto l’importante articolo che ha fatto da materiale di partenza per la sceneggiatura dei circa novantaquattro minuti di visione in questione.  

Circa novantaquattro minuti al cui interno, affiancato da Kate Hudson nel ruolo della moglie Felicia, Mark Wahlberg veste i panni di Mike Williams, capo tecnico elettronico responsabile della supervisione e dei sistemi elettrici proprio il giorno in cui tutto andò storto; mentre Kurt Russell concede anima e corpo all’installation manager offshore Jimmy”Mr. Jimmy”Harrell, responsabile di tutti i lavoratori.
Due personaggi che, con ogni probabilità, avrebbero posseduto rispettivamente i connotati di Steve McQueen e John Wayne ai tempi dei kolossal catastrofici del passato che hanno individuato uno dei loro più grandi classici ne L’inferno di cristallo di John Guillermin, interpretato proprio dal primo.

Anche perché, con una prima parte riservata alla presentazione dei diversi protagonisti, comprendenti anche la giovane lavoratrice sulla piattaforma Andrea Fleytas alias Gina Rodriguez, l’operaio Caleb Holloway di Dylan O’Brien e il rappresentante della BP Donald Vidrine, ovvero John Malkovich, se da un lato l’insieme può richiamare alla memoria la struttura narrativa del Titanic cameroniano, dall’altro si rivela tutt’altro che distante, appunto, dai disaster movie con cast all star che invasero il grande schermo soprattutto negli anni Settanta.

Filone a cui il regista Peter Berg si riallaccia concretizzando un racconto per immagini piuttosto coinvolgente e dinamico e in cui, ovviamente, l’attesa è tutta riservata alla seconda parte interamente dominata dall’azione e dall’abbondanza di effetti pirotecnici.   

Perché, pur evitando il suo tocco bizzarro sfoggiato, tra l’altro, in Hancock e Battleship, non rinuncia giustamente alla spettacolarità a base di mastodontiche esplosioni e fiamme impazzite nel confezionare con professionalità e senso del realismo la ricostruzione di un fatto vero che, pur senza eccellere, raggiunge risultati che vanno oltre la sufficienza.