Festa del Cinema di Roma: I, Tonya. Una splendida Margot Robbie in odore di Oscar

Il 6 gennaio 1994 la campionessa americana di pattinaggio artistico su ghiaccio, l’allora ventunenne Nancy Kerrigan, venne assalita alla fine di una sessione d’allenamento: un uomo, che l'attendeva all’uscita dell’anello, la colpì a un ginocchio con un manganello simile a quelli in dotazione alle forze dell’ordine. La sua rivale, nonché compagna di squadra, Tonya Harding, venne accusata di avere organizzato con il marito quella terribile aggressione. Presentato nella selezione ufficiale alla XII° Festa del Cinema di Roma, I, Tonya racconta in un originale biopic l’ascesa e il declino della prima donna statunitense capace di effettuare uno dei salti femminili più difficili di tutti i tempi: il triplo axel.

Il regista australiano Craig Gillespie riesce in un’impresa in cui i suoi colleghi hanno spesso fallito, quella di rendere anticonvenzionale un film biografico calibrando a meraviglia ironia, sarcasmo e drammaticità. Confezionato come un mockumentary (finto documentario), I, Tonya è condito con un’abbondante dose di grottesca comicità dark che accompagnerà lo spettatore dal primo all’ultimo fotogramma tenendolo saldamente inchiodato alla poltroncina rossa. Prendendo spunto da una serie di interviste rilasciate da tutti i responsabili di quel ‘fattaccio’ di cronaca nera che negli anni ‘90 indignò il popolo made in Usa, il filmmaker di Sidney e lo sceneggiatore Steven Rogers ripercorrono l’intera esistenza di una tra le figure più odiate e controverse dello sport a stelle e strisce.

Tonya Harding, qui tratteggiata come una figlia del sottoproletariato cresciuta a suon di ceffoni da una madre anaffettiva e dominante, e maltrattata da un compagno brutale e scarsamente intelligente, non apparteneva a quella tipologia standard che tanto piaceva alle giurie sportive, anzi, il suo essere sboccata, inelegante, prepotente ed eccessivamente kitsch furono al contrario i motivi dei suoi mancati podi, o almeno questo è quanto sapientemente mostrato nel film. L’operazione di umanizzare la Harding, rappresentandola come una donna vessata dal marito e discriminata dai giudici, aumenterà di fatto l’empatia del pubblico con la protagonista fino a trasformarla da carnefice in vittima: facile preda sacrificabile per una società borghese e conformista. Tecnicamente perfetto, nonostante la produzione indipendente e quindi a budget ridotto, I, Tonya è un’opera che stupisce tanto per solidità che per intelligenza narrativa, un lavoro che permette a Margot Robbie, nel ruolo della Harding, di sfruttare al meglio le sue eccezionali doti interpretative… una splendida parte in odore di Oscar. E non è da meno l’intero cast che, a partire dalla superlativa Allison Janney fino ad arrivare al convincente Sebastian Stan, contribuisce all’ottima riuscita del film.

‘L’affare Harding-Kerrigan’ non occupò però a lungo le prime pagine dei giornali, all'orizzonte già si affacciava infatti una nuova bufera: ‘il caso O.J. Simpson’. Altro giro, altra corsa, the show must go on...