Free State of Jones

All’apice della Guerra Civile americana, Newton Knight, un contadino del Mississippi, assiste impotente alla morte del nipote, trafitto da un proiettile sul campo di battaglia. Seguirà la decisione di diventare disertore e, successivamente, di guidare una rivolta contro la Confederazione, in quella che passerà alla storia come “la guerra dell’uomo ricco combattuta dall’uomo povero”. Sostenuto da altri contadini come lui e schiavi neri in fuga, Knight (Matthew McConaughey all’ennesima dimostrazione di bravura, all’interno di una filmografia che con sempre maggiore omogeneità definisce qualità e versatilità di questo attore) si metterà alla guida di una rivoluzione di pochi mezzi ma di grande ‘uomini’ che porterà (non senza sacrifici umani) alla liberazione della Contea di Jones dal giogo della Confederazione.

Poveri contro ricchi, neri contro bianchi, oppressi contro oppressori. Free State of Jones di Gary Ross (regista eclettico di Pleasantville, Seabiscuit, The Hunger Games), torna su una pagina dolorosissima della storia americana, riaprendo le ferite mai rimarginate di un periodo (quello della Guerra di Secessione che va dal 1861 al 1865) in cui morirono circa seicentomila persone. Ma il conto inquietante delle ‘perdite’ umane rappresenta solo uno dei tanti tasselli che fecero di quel periodo uno dei più ‘ricordati’ della storia. Fu infatti un momento fondamentale di rivoluzioni reali ma soprattutto morali.

Nel film di Ross, basato su fatti realmente accaduti, non c’è infatti solo la componente ‘rivoluzionaria’ di un gruppo desideroso di liberarsi delle oppressioni, ma anche la voglia di rivendicare il proprio diritto a essere uomini, indipendentemente dal credo religioso, dal colore della pelle, dalla condizione sociale. Newton Knight, portatore sano di un pensiero democratico che nell’America dell’800 costitutiva ancora un vero e proprio miraggio, imbraccia il fucile come un provetto Robin Hood dall’animo rivoluzionario per restituire ai suoi ‘compagni’ i loro diritti umani e civili. L’amore per una schiava nera, poi, lo metterà in prima linea a scontrarsi con le gravissime discriminazioni del tempo, quelle che (incredibilmente) anche 80 anni dopo porteranno il pronipote (reo di avere nei suoi geni anche il colore nero) ad affrontare il tribunale del Mississippi che non lo vuole sposato a una ‘bianca’.

Discriminazioni esasperate, paradossi, ingiustizie, morte e violenza, Free State of Jones mette in fila tutti quei tasselli che da 12 anni schiavo in poi (ma anche prima) hanno costituito la struttura di opere incentrate su questi temi. Qualcosa di già visto, dunque, ma opportunamente calibrato in un film che sceglie una ‘moderazione’ più che apprezzabile, senza indugiare nella violenza fine a sé stessa o nell’eccessiva ridondanza dei cliché, mantenendo invece sempre il giusto controllo e lo sguardo fermo sul tema chiave, ovvero la lotta per la propria libertà.

L’ottimo cast guidato dal sempre ottimo McConaughey determina poi il terreno giusto entro cui muovere quest’opera che ci ricorda come la (parziale e almeno apparente) democrazia di oggi sia stata edificata sui fiumi di sangue di uomini nati per loro sfortuna nel momento e nel posto sbagliato. Gary Ross insegue il sentiero dell’emancipazione tra paludi, bambini armati, uomini in disarmo, e lo porta lentamente (in 140 minuti) verso il suo punto di maggiore luce. Un altro buon film per riflettere sul nostro passato, e anche sul nostro presente, epoche apparentemente distanti tra loro, ma in realtà sempre molto vicine e legate in ogni caso da un sottile e inquietante filo rosso.