Friend request – La morte ha il tuo profilo

Si comincia immediatamente con un professore che, durante una lezione universitaria, annuncia ai suoi alunni che nel week-end appena trascorso si è tolta la vita una loro coetanea il cui nome scopriamo poi essere Marina Mills.
La Marina Mills che, con un balzo temporale a due settimane prima, apprendiamo dotata delle fattezze di Liesl Ahlers ed essere una piuttosto strana e solitaria ragazza darkeggiante attratta dal macabro; la quale finisce per diventare decisamente aggressiva e invadente nei confronti della popolare compagna di studi Laura alias Alycia Debnam Carey, soprattutto dopo aver stretto con lei amicizia su Facebook.

Perché, con gli amici virtuali della protagonista destinati a diminuire progressivamente sull’arcinoto social network dal momento in cui quelli della vita reale cominciano a perire l’uno dopo l’altro in seguito al già citato suicidio, è chiaramente una variante estranea al pov dell’Unfriended diretto nel 2014 da Leo Gabriadze ciò che mette in piedi il tedesco classe 1972 Simon Verhoeven, figlio di Michael Verhoeven – regista di Giochi perversi di una signora perbene e La ragazza terribile – e dell’attrice Senta Berger, la quale ebbe anche una carriera italiana tra gli anni Sessanta e Novanta.

Variante che si evolve ovviamente sulla progressiva emersione di dettagli relativi alla sempre più misteriosa identità e alla vita della defunta; man mano che, tra una vittima che si ritrova violentemente sballottata all’interno di un ascensore e sgozzamenti, non può fare a meno di manifestare un certo sapore da slasher made in USA.
Sapore fortunatamente atto a rendere decisamente più coinvolgente e piacevole del solito una oltre ora e mezza di visione che, in mezzo ad atipici sciami di vespe nere ed immancabili apparizioni fantasmagoriche improvvise, si sarebbe altrimenti rivelata l’ennesimo derivato occidentale (e senza alcuna fantasia) dei cult horror d’inizio XXI secolo dagli occhi a mandorla – con facilmente avvertibili sguardi a Ringu di Hideo Nakata e The eye di Danny e Oxide Pang – a base di possessioni demoniache e maledizioni assortite.

Mentre, pur non spingendoci a gridare al nuovo capolavoro del genere, ci invita anche a riflettere sulla maniera in cui strumenti telematici inventati per alimentare la vita sociale tendano spesso a finire, in realtà, per deteriorarla a suon di cyberbullismo e ricerca di popolarità.