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Quante volte, a partire da quel lontano 1941 in cui Lon Chaney Jr. lo incarnò nel super classico Universal L’uomo lupo di George Waggner, abbiamo avuto modo di vedere sullo schermo quella pelosissima, ululante creatura meglio conosciuta come lupo mannaro, cinematograficamente evolutasi, tra l’altro, attraverso cult assortiti del calibro de L’ululato di Joe Dante e Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis?

Alla sua seconda prova dietro la macchina da presa (la prima fu The seasoning house, del 2012), il pluripremiato creatore di effetti speciali Paul Hyett – non nuovo all’argomento, se pensiamo che ha lavorato sul set dello straight to video Werewolf: La bestia è tornata di Louis Morneau – ha pensato bene di rendergli omaggio tramite la spaventosa avventura con cui finisce per doversi confrontare un gruppo di pendolari asserragliati su un treno notturno bloccato nel mezzo della foresta inglese di Thornton.

Perché, ovviamente, mentre una tempesta causa problemi alle linee ferroviarie, nelle tenebre sembra nascondersi qualcosa appartenente alla famiglia di mostri della celluloide di cui sopra.

Qualcosa che, però, attende molto tempo prima di uscire allo scoperto (con atipico look caratterizzato da lunghi capelli), in quanto, un po’ come avveniva in determinati vecchi film catastrofici, l’intento principale del regista è quello di ritrarre interessanti personaggi intrappolati e da destinare progressivamente alla mancanza.

Infatti gli spargimenti di liquido rosso non risultano davvero assenti, ma vengono sfruttati soltanto una volta che abbiamo fatto conoscenza con impiegati stacanovisti, ubriaconi, controllori impacciati e frequentatori di locali notturni tra i cui volti potreste individuare Ed”Eragon”Speelers, l’Amit Shah di Amore, cucina e curry e la Holly Weston vista in Sacro e profano di Madonna.

Tutti mirati a lasciar emergere le proprie diverse psicologie nel corso della fase di attesa-assedio della quasi ora e mezza di visione... scandita da un discreto ritmo generale e che, tecnicamente confezionata con professionalità, pur senza spingere lo spettatore a gridare al capolavoro non rientra tra i peggiori esempi che popolano il filone.