Il 99% degli esseri umani naviga nelle Cattive acque raccontate da Todd Haynes

Dopo Erin Brokovich, un nuovo film di denuncia arriva in sala, pronto a destabilizzare lo spettatore, a terrorizzarlo molto più di qualsiasi Pennywise o Freddy Kruger.

Molti forse ricorderanno che nel corso degli anni 2000 il Teflon fu reputato cancerogeno: il materiale in cui milioni di persone, per interi decenni, avevano cucinato giornalmente le loro pietanze, era causa di gravi malattie. Prodotto dal famoso colosso chimico americano DuPont e considerato il salvatore delle casalinghe, esso era realizzato con un componente a dir poco letale, meglio noto come PFOA o C-8, impiegato anche nella fabbricazione dei carri armati. Impenetrabile e sostanzialmente indistruttibile. Una cosiddetta sostanza eterna, poiché non si scompone e rimane all'interno dell'organismo. Ma una sostanza mai regolamentata dall'EPA, l'agenzia americana per la protezione della salute e dell'ambiente, motivo per cui l'azienda in questione poté agire senza restrizioni di sorta, ben conoscendo la pericolosità dei componenti ma riversandoli senza tanti complimenti nel fiume adiacente alla discarica, con conseguenze nefaste per animali, ambiente ed infine, esseri umani.

Senza dilungarci con spiegazioni lunghe e complesse, che risulteranno molto più chiare se andrete a vedere il bellissimo film di Todd Haynes, possiamo dire solo che Cattive Acque, titolo originale Dark Waters, è un pugno nello stomaco, un k.o. poderoso e destabilizzante, che vi farà sentire piccoli e inutili di fronte al potere dei grandi squali, in questo caso americani.

Il dio denaro è alla base della condotta a dir poco criminale della DuPont: incuranti della salute pubblica, i capi del colosso chimico nato all'inizio del 1800 in qualità di fabbrica di polvere da sparo, a partire dagli anni '60 hanno letteralmente avvelenato i cittadini. Ma la verità è venuta a galla e i dettagli, che il protagonista del film, splendidamente interpretato da Mark Ruffalo, scopre nel corso del film, lasciano attoniti.

Lentamente, inquadratura dopo inquadratura, primo piano dopo primo piano, scambio dopo scambio, il puzzle inizia a rivelare la sua identità, i tasselli trovano ognuno il proprio posto ed il quadro finale è scioccante. Decenni di bugie, decenni di malati e morti, decenni di guadagni stellari a discapito della gente ignara. Tutto questo, e molto altro, è quanto Todd Haynes, ispirato dall'articolo di Nathaniel Rich apparso sul New York Times nel 2016, ha voluto raccontare nel suo ultimo lavoro.

Prodotto dallo stesso Mark Ruffalo, che ha chiamato personalmente il regista sottoponendogli il progetto, e dai produttori di Green Book e Il caso Spotlight – del quale Ruffalo era stato protagonista e che si basava, come Cattive acque, su un'inchiesta giornalistica, in quel caso del Boston Globe – il film di Haynes segue pedissequamente il protagonista nella sua battaglia legale e nella vita familiare, messa in secondo piano e sacrificata per seguire la causa di migliaia di cittadini. Davide contro Golia: un uomo, da solo, contro un impero corrotto, capace di manovrare lo stesso governo, in una storia che tiene con il fiato sospeso per tutti i 126 minuti, rivelando a poco a poco una verità tragica e ancora attuale. E raccontando un processo che è tuttora in corso, a distanza di ventidue anni dall'apertura del caso.

Mark Ruffalo, accompagnato da Anne Hathaway, Tim Robbins, Bill Camp e Bill Pullman, affronta magistralmente il suo ruolo, assumendo anche la posa del vero protagonista, il suo broncio onnipresente, e incarnandone la caparbietà e il fortissimo, incrollabile, senso di giustizia.

L'attore, prendendo esempio dal personaggio che interpreta, ha sposato con tutto se stesso il messaggio del film, ovvero quello che il singolo, aiutato dalla comunità, può davvero combattere e suscitare cambiamenti e che una tematica scottante come quella dell'inquinamento dell'acqua, deve oltrepassare qualsiasi schieramento politico, di razza o di religione, al fine di proteggere gli esseri umani, tutti, indistintamente.

Coadiuvato dall'ottima fotografia di Edward Lachman, che oltre ad aver già lavorato con Haynes, ha affiancato anche registi del calibro di Wim Wenders e Steven Soderbergh, il film ripercorre quasi 20 anni di storia americana, passando dal West Virginia all'Ohio, soffermandosi sulle grigie cittadine di provincia, sui fumi velenosi delle industrie, sull'atmosfera cupa della campagna contaminata, per poi inoltrarsi negli interni confortevoli della casa di famiglia e in quelli angusti dell'ufficio, fino ad approdare alle luminose aule del tribunale.

Amante del genere fin dalla trilogia della paranoia di Alan J. Pakula, Todd Haynes ha puntato tutto sul realismo e sulla veridicità per offrire agli spettatori un documento scottante che accomuna temi attuali come capitalismo, ambiente e salute. Non si è lasciato andare a virtuosismi stilistici di sorta, concentrandosi unicamente sul suo protagonista e dando ampio spazio alla ricostruzione della vicenda, grazie anche all'aiuto dei diretti interessati, consultati presso il vero studio Taft Stettinius & Hollister di Cincinnati, in Ohio. Il risultato è un film imperdibile. Ma siete avvisati: farà molta più paura di mostri, streghe e fantasmi. Perché le vittime siamo tutti noi, in tutto il mondo.