Il Grinch – Ancora un Natale da ‘sabotare’

Nel Paese di Chinonsò sono sempre tutti felici, e hanno un animo festoso che s’accentua esponenzialmente con l’arrivo delle festività natalizie. Il Natale è, infatti, per gli allegri abitanti del luogo il momento ideale per esternare ogni gioia, e veicolarla con i mille addobbi, le mille luci dei numerosi alberi sotto i quali andranno riposti i tanti regali. Ma ben più in alto, in un antro spoglio e silenzioso, il Grinch vive un Natale tutto suo. Allergico perfino al suono della sveglia con musicalità natalizie, il risveglio del Grinch in quella che dovrebbe essere la magia delle feste è una vera tortura. Il Natale è infatti per Il Grinch una festa che lui detesta con ogni ciuffo del suo verde mantello perché lo riporta ai tempi bui dell’orfanotrofio quando, costretto a restare da solo, viveva quel momento con un dolore e un’angoscia lancinanti che non l’hanno mai più abbandonato. Alla ricerca di un modo per ostacolare gli eventi gioiosi del Natale di Chinonsò, il Grinch, aiutato dal suo fedele amico a quattro zampe Max e da Fred, una renna di taglia forte ma assai altruista, si lancerà giù per la valle con l’idea diabolica di sabotare il giorno più ‘buono’ dell’anno e scippare per sempre le luci della festa.

Ilumination e Universal Pictures presentano Il Grinch, film d’animazione ispirato al classico di Natale del 1957 del Dr. Seuss. La parabola classica di redenzione alimentata dai sentimenti trova qui una sua nuova dimensione, sempre ovviamente declinata all’oramai notorio verde Grinch (esserino verde che ha nella versione originale la voce di Benedict Cumberbatch e in quella italiana la voce di Alessandro Gasmann). Dall’alto del suo disgusto per la gioia legata alle attività natalizie, il Grinch si lancerà infatti a valle con il suo cuore “tre volte più piccolo” e il grande obiettivo di sabotare il  natale e la felicità dei Nonsochi. Ma il potere dell’affetto spassionato e della bontà d’animo innata (quella della piccola Cindy-Lou chi, abitante di Chinonsò) ostacolerà la valanga d’odio incarnata dal peloso e verde essere.

Su un canovaccio dickensiano che ricalca appieno il mood scroogiano di un’avversione per il Natale che, come da copione, trova le sue radici nella sofferenza e in una solitudine che si è incapaci di controllare, Il Grinch di Scott Moiser e Yarrow Cheney è ancora una volta un giro di giostra sulle montagne russe dei sentimenti. Sullo sfondo di paesaggi innevati e assai dinamici che alternano luci (villaggio dei Chinonsò) e ombre (la tana del Grinch descritta con le divertenti pratiche di vestizione mattutina e l’allergia per tutto ciò che ricordi il bianco natale), la fiaba semplice ma sempre toccante di un voler bene che è infine capace di arginare le cicliche ondate di odio, innesca una riflessione che – seppure ad altezza bambina – ha il profilo adulto di un ‘Cuore’ da preservare o da curare.

Visivamente accattivante, è un’opera d’animazione che infine si specchia nel riflesso romantico e un po’ ingenuo di quel bene che riesce sempre e comunque a vincere sul ‘male’.