Il tuo ultimo sguardo: la nostra Africa

Sullo sfondo della grande tragedia africana, il regista Premio Oscar Sean Penn mette in scena una struggente storia d’amore tra due “medici senza frontiere” così diversi eppure tanto uguali, accomunati dallo stesso spirito solidaristico. Aggiungi due star hollywoodiane come la bellissima Charlize Theron e Javier Bardem e il melodramma finisce per seppellire sotto terra a colpi di tacco qualsiasi tipo di denuncia umanitaria.

Magari quando Il tuo ultimo sguardo era ancora in cantiere, all’autore di Into The Wild capitò una sera di gettarsi a peso morto sulla poltrona di fronte, preso da irrefrenabile mania di zapping compulsivo. Lasciò in pace il povero telecomando solo quando approdò davanti all’ennesima proiezione televisiva di Titanic. Forse, in quel momento balzò su di colpo a piè pari, mettendosi a cercare tra i cassetti la sceneggiatura firmata da tale Erin Dignam. Per (s)fortuna nostra, la trovò e iniziò a soffermarsi su ogni singolo particolare. Superando a fatica gli innumerevoli ostacoli che solo un copione prolisso e retorico come Il tuo ultimo sguardo sa generosamente offrire, Penn individuò ottimi archetipi. Si tratta degli stessi cui si abbeverò una ventina di anni fa anche James Cameron: un uomo affascinante e avventuroso ama ed è riamato da una donna ricca, insoddisfatta dall’alta società bianca preoccupata delle sorti della povera società nera. Tutto intorno non ci sarà l’oceano a isolarli, bensì le bombe e i granai di un terribile conflitto fratricida. E così gli orrori della guerra sono solo una specie di flash che punteggia il tira e molla tra i due amanti.

Ne Il tuo ultimo sguardo Penn sbaglia tutto, tanto che se il suo nome non figurasse nei titoli di testa, nessuno avrebbe creduto che dietro la macchina da presa ci potesse essere lo stesso regista di opere come Lupo solitario e La Promessa. La scelta peggiore è stata senza dubbio quella di affidare alla Theron - impeccabile anche con la t-shirt macchiata di sangue - il ruolo di protagonista. Sia ben chiaro: qui non è messa in discussione la bravura dell’attrice di origini sudafricane, ma la sua aurea divistica che le rimane cucita addosso e schiaccia ogni parvenza di credibilità.

Il senso morale di Penn per le giuste cause vorrebbe toccare la corda dell’emozione delle grandi masse. Gliene diamo atto. Eppure avrebbe davvero serrato la gola degli spettatori assestando un colpo più diretto e meno subdolo, magari realizzando un documentario privo di quella fotografia patinata da fiction trasmessa sulla televisione generalista. Bella la colonna sonora a cura di Hans Zimmer