Io c’è: Alessandro Aronadio firma un’opera di ritmo che ruota attorno al tema “religioni con interessi”

Giovane ereditiere della fortuna paterna, Massimo Alberti (un bravo Edoardo Leo) è vissuto per anni grazie ai proventi realizzati dal suo “Miracolo Italiano”, lussuoso bed and breakfast ereditato appunto dal precocemente defunto padre. Ma le cose sono cambiate, la crisi ha fatto il suo, e ora quella che un tempo era una ricca struttura ricettiva con cui fare soldi facili e la bella vita è divenuto un luogo fatiscente che genera solo pochi spicci, di certo non sufficienti a ‘sbarcare il lunario’. Tra spese varie, e soprattutto tasse, Massimo è infatti con l’acqua alla gola. L’unica a tentare ancora di trovare un equilibrio alla sua più che precaria situazione economica è la sorella commercialista (Margherita Buy), la quale vita borghese sembra però d’altro canto non riuscire più di tanto a inglobare le idee ‘alternative’ del fratello. Ultima di queste idee scaturirà proprio come ultima spiaggia e dall’osservazione dell’attività di beneficienza offerta dalle suore ‘dirimpettaie’, che ospitano fedeli chiedendo loro solo una ‘donazione’ e garantendosi così una redditizia attività esentasse. Dunque il lampo di genio attraverserà la mente di Massimo, e di lì a breve tutte le sue forze saranno impegnate a fondare una “sua” nuova religione che possa permettere di portare avanti un’attività libera da vincoli e costi. Al grido di Io c’è e non avrai altro Dio all’infuori di te Massimo, la sorella e il loro amico (Giuseppe Battiston), scrittore squattrinato e filantropo senza successo in cerca di una qualche affermazione, inizieranno dunque a metter insieme la schiera di fedeli del nascente ionismo. Basterà crederci?

Alessandro Aronadio aveva debuttato alla regia nel 2010 con Due vite per caso, uscito un po’ in sordina, per poi raccogliere parecchi consensi invece con l’opera seconda Orecchie, riflessione esistenziale sulla difficoltà di ‘sentire’ un mondo che ci appare di ora in ora sempre più ovattato ed estraneo. Alla sua opera terza, dal titolo Io c’è, il regista romano classe 1975 vira a pieno registro sui toni classici della commedia ma tiene saldo il timone sul percorso di riflessione sulla società, e sulle sue ‘anomalie’, realizzando un’opera che pur nella sua semplicità di approccio è in grado di sollevare qualche interessante riflessione socio-antropologica.

Cos’è che ci spinge a credere in qualcosa? Le religioni sono entità etiche o fanno leva sempre e comunque sulla necessità delle persone di affidarsi a qualcuno o qualcosa per prendere le decisioni più impegnative e superare i momenti più bui? Io c’è affronta molti degli argomenti legati alla tematica delle congreghe religiose, incrociandoli con la materia dello status esentasse delle stesse, e tratteggiando così il profilo di una società moralmente ‘malleabile’, spiccatamente cinica, pronta all’occorrenza a credere al culto di uno specchio o, in alternativa e per paradosso al valore del proprio stesso credo/volere. Dalle suore “assetate di beneficienza” passando per il cinismo esasperato del protagonista Massimo, sconfitto infine dalla sua stessa idea, Io c’è fa della religione, del senso di colpa e della ‘devozione’ un ritratto comicamente inquietante, riducendo i ‘fedeli’ a una sorta di danarosa merce di profitto da contendersi e i religiosi a santoni dell’ultima ora mossi soprattutto dal vile interesse. Eppure, nell’approccio volutamente sopra le righe e a tratti più che sarcastico del tema religioso, Alessandro Aronadio centra la riflessione sull’Io, sul credere in sé stessi, e sulla capacità di quell’auto-convincimento che non di rado può andare anche oltre le più rosee aspettative.

Forte di un cast ben assortito dove al bravo Edoardo Leo si affianca la funzionale accoppiata Buy/Battiston, e costruito su un ritmo quasi mai calante dettato da dialoghi di un’ironia sprezzante ma non volgare, Io c’è diverte e quasi commuove per la naturalezza, se vogliamo anche ingenuità, con cui affronta il tema del “Qualcosa in cui credere” all’interno dell’articolata economia di implicazioni pratiche e morali che ne scaturiscono.