Ippocrate, opera emozionante sulle macchie scure della sanità pubblica

Se nel 1992 Bertrand Tavernier, combinando dramma, humor e critica sociale portò sul grande schermo un esercizio di ‘verismo polar’ in cui descriveva la vita quotidiana della squadra antidroga di Parigi (Legge 627), a distanza di più di vent’anni il regista Thomas Lilti adotta i medesimi criteri scelti dal suo collega d’Oltralpe applicandoli però all’interno di un nosocomio. Ippocrate, girato nel 2014 e dunque antecedente a Il medico di campagna, è infatti un ottimo lungometraggio che, prendendo le distanze dall’immaginario collettivo dell’ospedale mediato dalle serie TV quali, ad esempio, Grey’s Anatomy o Dr House, affronta le questioni essenziali della società medicalizzata e i suoi dibattiti socio-politici ed etici. Senza enfasi né retorica, ma grazie a un piglio quasi documentaristico, Lilti mostra con adeguata ingannevole ironia sia le falle che opprimono il sistema ospedaliero francese (carenza di personale, tagli finanziari, mancanza di posti letto, salari eccessivamente bassi degli infermieri…), che le difficoltà pratiche e teoriche a cui troppo spesso vanno incontro i medici.

Partendo dal primo giorno di tirocinio di un giovane allievo (Benjamin) nel reparto di medicina interna dell’ospedale diretto dal padre, il filmmaker transalpino crea un universo che lo spettatore non faticherà a riconoscere come autentico, un mondo che ognuno di noi ha di certo avuto modo tanto di soffrire quanto di apprezzare: un luogo abitato da camici bianchi lontani anni luce da quelli proposti nelle soap-opere. Nepotismo, burocrazia, timore delle responsabilità, dignità umana e diritto alla ‘morte dolce’ sono soltanto alcuni dei tanti temi trattati con grande abilità e determinazione in Ippocrate. Questa capacità di narrare la sanità pubblica e i suoi protagonisti in modo così genuino deriva dal fatto che Thomas Lilti, oltre ad essere un bravo cineasta, sia anche un medico esperto, ed è proprio tale particolarità che, insieme alla scelta di utilizzare la cinepresa a spalla, rende il film credibile, realistico e di forte impatto emotivo. A tutto ciò si aggiunge la bravura del cast, che vede la presenza di Vincent Lacoste (Il primo bacio) perfetto nelle vesti del giovane internista, e quella ancor più centrata di Reda Kateb, vincitore del Cesar per la magnifica interpretazione di Abdel, un qualificato dottore algerino obbligato al tirocinio poiché straniero.

E’ lavato, sono macchie pulite”, dice un’addetta ai materiali mentre porge a Benjamin un camice pieno di chiazze. Ecco, questa frase è la metafora di tutto ciò che accadrà dopo, dove le macchie morali e lavorative faranno da filo conduttore tra gli inestricabili tunnel del nosocomio e gli interminabili labirinti emozionali di chi quelle gallerie è costretto a percorrerle: al di là della vera e, per certi versi, massacrante vocazione. Seppur ambientata in Francia la pellicola di Lilti è un’opera di ampio respiro internazionale, perché l’infermità che corrode la sanità pubblica non è purtroppo appannaggio dei soli cugini francesi, e noi italiani ne sappiamo qualcosa!

Nelle sale dal 7 giugno con Movies Inspired, Ippocrate è un lungometraggio che non scivola mai nel melodramma e ancor meno nei facili stereotipi, anzi, è un film al di sopra delle aspettative, una bella occasione per comprendere più a fondo la passione di certi medici… e la routine di altri.