Kiki & i segreti del sesso

Già durante i titoli di testa abbiamo una coppia impegnata in un focoso rapporto sessuale, mentre immagini di animali che copulano e tappi di bottiglia di spumante pronti a schizzare via forniscono il campionario di grottesche analogie mirate a suggerire immediatamente l’umorismo che caratterizzerà la oltre ora e quaranta di visione.

Perché il terzo lungometraggio diretto dall’attore spagnolo classe 1974 Paco Léon – dopo Carmina o revienta (2012) e Carmina y amén. (2014) – intende costruirsi su cinque storie d’amore a base di bizzarre fantasie sessuali prendendo le mosse dall’australiano The little death (2014) di Josh Lawson, a differenza del quale evita la virata drammatica conclusiva.
A partire da una ragazza sofferente di arpaxofilia, in quanto raggiunge l’orgasmo quando viene derubata, è infatti un clima generale giocoso ad attraversare la sequela di situazioni che, tra poliamore e colloqui con sessuologi, tirano progressivamente in ballo una donna affetta da dacrifilia, ovvero che si eccita nel vedere il proprio partner piangere, un’altra in preda alla efefilia, quindi capace di provare piacere nello sfiorare tessuti soffici, e un chirurgo plastico vittima di sonnofilia.

Con quest’ultimo tormentato da strani desideri nell’osservare la moglie disabile che dorme e lo stesso regista che, insieme alla sua sposa da dieci anni incarnata da Ana Katz, si getta alla costante ricerca di nuovi metodi per riaccendere la passione, si conclude la galleria di personaggi comprendente anche una trasgressiva amica dei due cui concede anima e corpo Belén Cuesta.
Man mano che viene asserito che agli uomini non bisogna raccontare tutto e che non mancano neppure un momento di lesbismo un’esilarante escursione all’interno dei bagni di un locale fetish.

Escursione che, insieme a quella in cui assistiamo ad una telefonata erotica per conto di un sordo, non può fare a meno di regalare la situazione più divertente dell’operazione, comprendente nel ricco cast la Natalia de Molina de La vita è facile ad occhi chiusi (2013), la Candela Peña di Tutto su mia madre (1999) e il televisivo Luis Bermejo.

Operazione comunque non priva di cadute nel cattivo gusto (soprattutto quando comincia a scherzare sul cancro) e che, piuttosto piatta dal punto di vista narrativo, riesce soltanto occasionalmente nell’impresa di strappare risate, senza lasciar neppure bene intendere dove voglia andare a parare.
Sebbene Léon la definisca un inno alla diversità e ne dica: “È una commedia dove il sesso viene trattato in una maniera originale, spregiudicata, divertente e romantica, perché credo fermamente che il sesso continui ad essere il miglior modo di fare l’amore”.