Knives Out – Cena con delitto: Il “cluedo” è servito

La mattina seguente al suo 85° compleanno un ricco scrittore di romanzi gialli - Harlan Thrombey interpretato dal sempre magistrale Christopher Plummer - che ha fatto la fortuna sua e di tutta la sua numerosa discendenza grazie al talento, viene trovato morto con la gola tagliata per mezzo di uno dei suoi tanti coltelli. All’apparenza sembra trattarsi di un suicidio. Ma forse non è così. A seguire le indagini oltre ai due ispettori di polizia interverrà anche un signorotto in tweed elegante e dinoccolato con accento “sudista” e l’aria inquisitoria, ovvero il rinomato ispettore privato Benoit Blanc (il sempre fascinoso Daniel Craig), ingaggiato per il delicato caso da non si sa bene chi. Tutta la grande famiglia (figli e nipoti di Harlan) riunita tra le mura della enorme magione verrà a quel punto interrogata.

Un familiare alla volta finirà così sotto l’occhio e l’orecchio attento di Blanc, inclusa Marta (la sorprendente Ana de Armas) l’infermiera personale di Harlan, una ragazza molto a modo e originaria di un qualche posto esotico (tra i famigliari con grande approssimazione c’è chi la descrive come ecuadoregna, chi brasiliana, chi portoricana). Il candore della ragazza e la sua notoria e ributtante (nel senso letterale del termine) reazione alla menzogna sembrano, ancor prima delle prove raccolte sul campo, strumenti infallibili per fare chiarezza attorno al sospetto di omicidio. Eppure, qualcosa sfugge, e davvero nulla è come sembra, mentre poi la lettura delle volontà testamentarie finirà per scardinare definitivamente ogni equilibrio, esacerbare ogni sospetto, all’interno di un gioco delle parti che pare un mix di Cluedo e un perfetto giallo alla Agatha Christie, dove la ricca borghesia appigliata senza remore a un’ingente eredità si giocherà tutta la sua insidiosa partita contro una delicata ragazza (nei lineamenti, nei modi, nei pensieri) di origini straniere. Tutto ciò mentre il defunto padrone di casa alimenta nell’ombra il suo gioco di romanziere e narratore onnisciente, deus ex machina capace anche post mortem di dare del filo da torcere ai “suoi” fragili vivi.

Sull’ottima sceneggiatura scritta di suo stesso pugno (un copione preciso dove ogni elemento e personaggio della storia va ad assumere la sua giusta posizione proprio come in un tabellone del Cluedo), Rian Johnson (Looper, Star Wars: The Last Jedi) scioglie le regole del delitto im(perfetto) ricreando un rebus di personaggi, eventi, luoghi e situazioni che si complica a dismisura per poi raccogliere la sua lucida geometria nel finale.

Con chiarezza, ironia, e anche un filo rosso di morale e critica politico-sociale a legare insieme l’intera commedia, Knives Out è un gioco di coltelli girati e rigirati nelle piaghe del prossimo, all’interno di un quadro famigliare che (come spesso accade anche nella realtà) nasconde dietro bei quadri o sotto lussuosi tappeti tutto il veleno di un egoismo che scalpita per primeggiare sul prossimo. E in questa corsa ai soldi, al potere, all’accattonaggio di ricchi tra ricchi, e di ricchi sui “poveri”, la nota difforme a fare la differenza sarà proprio la ragazza “venuta da fuori” e sostenuta sempre e solo dalla sua incorruttibile moralità. Pecora bianca tra molte pecore nere, Marta salirà e scenderà veloce la scala dei sospettati, pur distinguendosi sempre grazie al suo essere apparentemente incapace (anche fisicamente) di perpetrare la menzogna, di operare consapevolmente nel torto. Come invece sembrano essere naturalmente abituati a fare tutti gli altri componenti della “sacra” famiglia Thrombey, da sempre attaccati e aggrappati con le unghie e con i denti al fondo monetario del defunto padrone di casa. 

Knives Out sfodera dunque tutte le qualità dell’intrattenimento migliore, e del mistery murder classico in grado di coinvolgere e divertire con naturalezza, riuscendo però d’altro canto anche a lanciare una nota di riflessione, una sua morale, con la quale nel disegno della ricostruzione finale e nella resa dei conti umana si finisce poi per parteggiare. Girato e montato con brio, sostenuto da un cast di noti e brillanti attori dove primeggiano l’ispettore sornione di Daniel Craig e il candore immacolato della Marta di Ana de Armas (perfetta nel ruolo del capro espiatorio), il film firmato da Rian Johnson è puro e geniale intrattenimento, un giallo classico abitato da tanti misteri ma (come da copione) un solo enigmatico colpevole.