La disparition des lucioles – Una riflessione fresca sulle neghittose crisi adolescenziali

In una piccola ed ex industriale cittadina del Quebec, Leo è un’adolescente annoiata e in piena crisi esistenziale. Non sa cosa vuole fare da grande, ma nemmeno chi vuole essere. In fuga dal suo diciassettesimo compleanno così come dal resto del mondo, asfissiata da una città che sente troppo stretta, da una madre di cui non condivide le scelte e un patrigno (speaker radiofonico di successo) che detesta, il suo unico bel legame è quello con il padre, che però vive lontano; l’uomo, dopo aver perso una importante battaglia come sindacalista nella fabbrica in cui lavorava gran parte della città, ha infatti visto la sua vita dirottarsi più a nord. Insoddisfatta della vita scolastica così come di quella privata, l’unica valvola di sfogo di Leo si rivelerà essere l’incontro con un insegnante di chitarra (Steve) di parecchi anni più grande di lei, con il quale la ragazza instaurerà un rapporto profondo anche se privo di qualsivoglia connotazione. Qualcosa in cui vivere, e basta, senza etichette, condizionamenti o le ansie tipiche dei legami inscritti in qualche ‘casella’. Un rapporto che infine servirà un po’ da cartina di tornasole per tutti gli altri rapporti, e che avrà forse la capacità di far tornare a brillare quelle lucciole da tempo scomparse dalla vita di Leo.

Alla maniera di Juno, La disparition des lucioles (in concorso al Torino Film Festival edizione 36) pone la lente di ingrandimento su uno dei momenti più critici dell’esistenza, ovvero l’adolescenza. “Un’apertura ricca di potenzialità o un vicolo cieco”, a seconda dei casi e della capacità di resilienza di ciascuno, l’adolescenza è infatti quel momento della vita in cui la ricerca della propria identità, il senso di ribellione e il tentativo di trovare una propria strada si mescolano insieme in un cocktail a dir poco esplosivo.

Il regista canadese Sébastien Pilote chiede alla sua bravissima protagonista Karelle Tremblay (corpo e anima di questo film) di incarnare insieme proprio l’apertura e la chiusura di un momento della vita in cui si fa fatica perfino a capire cosa si cerca. E così, in fuga da un circondario insipido e senza stimoli, la bella Leo s’infilerà senza riserve nel rapporto con Steve, nutrendo la sua voglia di ‘originalità’, quel fuori pista in grado di rimetterla un po’ in moto. E alla fine nella girandola di rapporti tutti stantii, complicati, frutto di quello stato di cose, il legame con Steve, vissuto sempre al confine tra amicizia e quel qualcosa in più, condito da complicità e tenerezza, prossimità e profondità, gesti d’amore ma anche improvvisi accessi di odio, segnerà il momento x di una ripartenza, una soglia varcata la quale si potrà forse guardare nuovamente in alto, a un cielo pieno di lucciole.

Un’opera fresca e originale con diversi guizzi e una tenerezza di fondo che riconcilia in maniera naturale con le fasi ‘critiche’ della vita. Un occhio discreto che Sébastien Pilote usa per dimostrare come a volte i rapporti possano essere diversi, sorprendenti, non abitudinari. Ed è proprio in quei rapporti che spesso si cela la chiave per guardare oltre, più in alto, o semplicemente da una nuova prospettiva la propria vita.