La doppia faccia di Rachel

Daphne du Maurier, chi era costei? Scrittrice inglese del secolo scorso, poetessa e drammaturga, ma soprattutto autrice di romanzi come "Rebecca, la prima moglie" e "Gli uccelli", una che con il cinema aveva  un’evidente affinità…
Ed anche in questa occasione con “Mia Cugina Rachel” – il romanzo da cui è tratto per l’appunto “Rachel” – si dimostra quanto l’approfondimento psicologico dei suoi personaggi trovi terreno fertile nella settima arte. Perché, uno dei punti di forza di questo film, risiede proprio nello scavo interiore dei personaggi le cui personalità son filtrate in prismi che ne riflettono le mille sfaccettature.

Siamo  in Cornovaglia ai primi dell’800 dove il giovane Philip, cresciuto come un figlio da Ambrose, riceve una lettera da parte di quest’ultimo, in viaggio in Italia dove è gravemente ammalato. Partito per l’Italia, Philip scopre, a Firenze che  il cugino è morto e che lì ha sposato una giovane donna, Rachel. Tornato in Cornovaglia sarà raggiunto da Rachel, che lui sospetta essere stata la causa della morte di Ambrose… Il rapporto con la cugina vedova diventa sempre più controverso e sentimenti contraddittorio si alternano sullo sfondo di un paesaggio altrettanto  contrastante.

Un film dipinto con molti chiaroscuri con il quale il regista sudafricano Roger Michell (Notting Hill) dimostra di essere un buon narratore e grazie al sapiente uso della macchina da presa (campi e contro campi, angolazioni sempre studiatissime) e ricorrendo ad una fotografia capace di caratterizzare le situazioni che si descrivono, riesce ad imprimere tensione e coinvolgimento in un film fatto soprattutto di dialoghi e  sguardi.

Rachel Weisz (Sam Claflin è Philip) interpreta la protagonista ed ha la faccia e il fisico giusto, oltre una durezza e dolcezza nei  lineamenti e nelle espressioni che ben caratterizza un personaggio che fa dell’ambiguità la sua prima fondamentale connotazione. Perché è proprio l’ambiguità il tema centrale di questo film, il confine spesso labile tra il bene e il male che una finale a sorpresa non aiuta a definire. Anzi...