La vita invisibile di Euridice Gusmao – Vite di donne senza possibilità di scelta

Rio de Janeiro, anni ’50. Euridice e Guida sono due giovani sorelle legate da un legame profondo. Ragazze audaci e brillanti in una famiglia molto modesta e assai retrograda, le due sorelle dovranno fare i conti con “l’oscurantismo” che le circonda. Infatuatasi di un mariano greco di passaggio a Rio, Guida salperà giovanissima con il presunto amore, per poi tornare qualche tempo dopo incinta e ben più disincantata. E una volta fatto ritorno a casa, non potrà nemmeno recuperare la vita di prima e il rapporto con la sorella, perché la sua condotta “immorale” porterà la famiglia (ovvero il padre) a ripudiarla. A quel punto la ragazza, sempre più sola e povera, inizierà a inviare alla sorella (che in cuor suo crede avviata a una brillante carriera da pianista a Vienna) una lunghissima serie di lettere, che però non arriveranno mai nelle mani della destinataria. 

Nel frattempo, Euridice, complici le pressioni famigliari sarà andata in sposa ad Antenor, uomo apparentemente premuroso e perbene che però la vuole solo nella duplice veste di moglie e madre, e non vede affatto di buon occhio il suo sogno nel cassetto di diventare musicista. Combattuta tra il ruolo impostole e quello sognato, Euridice continuerà comunque a lottare per il suo obiettivo, e a vivere nel ricordo di quella sorella tanto amata, con la speranza - prima o poi - di ritrovarla.

Perfettamente in linea con il mito tragico della Euridice del titolo, La vita invisibile di Euridice Gusmao è un film cha scava potente negli abissi del dolore di un esser donne in balia degli eventi, impossibilitate a scegliere, costantemente soprafatte dal volere e/o dal giudizio altrui. Un mondo iniquo dove la possibilità di scelta è prerogativa assoluta del maschio.

All’interno di un entourage povero tanto nei fatti quanto nello spirito, Karim Ainouz costruisce questa dolorosissima e commovente storia di separazione che descrive con una potente lirica e una raffinata regia, fatta di movimenti fluidi, piani stretti e inquadrature ampie, ralenty, l’invisibilità di un mondo femminile che poi muta in assenza, perdita di contatto, silenzio. E così lungo il filo sottile della speranza di ritrovarsi e nel dolore profondo del non aversi, del non poter condividere gioie, dolori, maternità, Ainouz scioglie l’invisibilità di queste due sorelle annientate da un mondo cieco, indifferente, che vede la donna sempre come un mezzo (di appagamento sessuale, procreazione, accudimento) e mai come fine (a sé stessa). E infatti i sogni romantici (trovare un uomo da amare davvero) di Guida e quelli artistici (diventare una pianista affermata) di Euridice verranno spezzati senza troppe remore e sempre in nome di una volontà maschile prossima (il padre, il marito). Sulle note del piano suonato con perizia e trasporto da Euridice (Carol Duarte) scivolano così le immagini di una tragica epopea famigliare dove a lasciare una traccia di quel legame profondo e bruscamente interrotto, sarà solo e unicamente la scrittura, capace di andare anche oltre i confini del tempo e dello spazio.

In un’opera dai colori caldi e vivi che contrastano a ogni scena il grigiore degli animi, La vita invisibile di Euridice Gusmao rintraccia e isola la bellezza di un legame tra due donne incantevoli ed esuberanti, snaturate solo in parte dalla brutalità societaria e maschile, e fino alla fine in lotta per la loro identità femminile e di sorelle. Un’opera candida che rischiara il male del mondo attraverso la limpidezza delle sue due bravissime protagoniste e che disegna uno splendido e accorato affresco - di due ore e venti che scivolano via come tempo di vita vera - sulla capacità di resistenza e resilienza femminile.

Il brasiliano Ainouz regala un’opera che setaccia le emozioni della vita restituendone la profondità reale, declinata tanto nel momenti di gioia quanto in quelli di dolore, e lo fa anche grazie a una regia capace di abbracciare la scena del vivere a 360°, e che fotografa attimi di solitudine e momenti di compartecipazione con la stessa delicata armonia. Così, in una scena emblematica, mentre da un lato della stanza Euridice suona rapita il piano, dall’altro i genitori e la sorella parlano sovrastando la musica, e per un attimo sembra di essere parte integrante della scena, di partecipare all’estemporaneo giocoso e tragico di quelle vite.