L’amore secondo Isabelle: ovvero, la bravura di Juliette Binoche

Dopo essere stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, al Torino Film Festival e al Rendez-Vous Nuovo Cinema Francese, L’amore secondo Isabelle, della regista d’oltralpe Claire Denis, arriva anche nelle nostre sale. Il film nasce originariamente dall’idea del produttore Olivier Delbosc di voler realizzare un adattamento cinematografico di Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes, ma Claire Denis e la scrittrice Christine Angot, accantonando il progetto iniziale, decidono di creare una sceneggiatura ex novo per raccontare la complessa ricerca del vero amore da parte di una donna cinquantenne. L’ultimo lavoro della filmmaker parigina, malgrado quanto si legga in giro, non ha dunque nulla a che vedere con il libro dell’autore francese, se non la struttura in frammenti: gioia e delizia – forse – di numerosi cinefili, irritazione e noia – presumibilmente – di molti spettatori.

Isabelle (Juliette Binoche), divorziata e artista affermata, nonostante le delusioni amorose ha un desiderio insopprimibile di provare ancora una volta il brivido dell’innamoramento, la magia di una relazione, l’emozione di un bacio corrisposto o la magnifica sensazione provocata dal respiro di un uomo sul proprio collo. Ma tra un odioso banchiere (Xavier Beauvois), un attore insicuro, un umile ragazzo incontrato in discoteca e tanti altri papabili pretendenti tutt’altro che gloriosi, Isabelle continuerà a sentirsi inesorabilmente sola…

Messo da parte il dramma, Claire Denise sembra trovarsi perfettamente a suo agio con questo registro di commedia agrodolce che non aveva mai esplorato prima, eppure… Eppure, sebbene sotto la patina di un’apparente leggerezza il film evochi temi ben più seri – la solitudine, la paura di invecchiare, la voglia di essere felici – L’amore secondo Isabelle gira in tondo fino a cadere rovinosamente in picchiata libera. Già, perché il risultato è quello di un lungometraggio pretenzioso dove, cercando di distinguersi dalla classica commedia francese, le continue ellissi, i troppi frammenti, le tante scene slegate l’una dall’altra e gli estenuanti dialoghi vacui e ripetitivi finiranno per far inceppare l’intero meccanismo che si ripiegherà su se stesso.

Ogni personaggio del film appartiene a un mondo fastidiosamente radical-chic, a una realtà con cui è impossibile immedesimarsi, e se tra le intenzioni del duo Denis-Angot v'era anche quella di muovere una critica al ‘pariginismo’ e allo snobismo dei circoli culturali della Capitale, beh, al pubblico in sala sembrerà al contrario di assistere a un’opera costruita all’insegna dell’autocompiacimento delle due autrici. A partire dai brani jazz, soft ed eleganti, dalle caricature quasi grottesche delle figure maschili e dall’incessante verbosità che vorrebbe apparire frutto di improvvisazione e che invece è stata studiata nei minimi dettagli, in questa commedia tutto ha sapore di artificio: un lavoro tanto loquace quanto vuoto.

La protagonista e i suoi amanti mantengono inoltre un ruolo senza possibilità di evoluzione, per l’intera durata del film Isabelle resterà infatti una donna infelice alla rincorsa di scampoli d’euforia amorosa da afferrare in uomini immaturi, codardi e irrilevanti. Juliette Binoche, che alterna candore e ingenuità a sensualità e fermezza, è qui in una tra le sue interpretazioni più intense e riuscite: un vero piacere sia per gli occhi che per la mente di qualsiasi spettatore. E i lunghi primi piani, accompagnati dai giochi di luce che avvolgono il viso della incantevole e brava attrice francese, sono tesi a sottolineare brillantemente l’onda di emozioni che investe Isabelle.

Ma l’interpretazione della Binoche, insieme al magnifico e surreale monologo di Gerard Depardieu, basteranno a soddisfare il pubblico pagante? Forse sì, forse no... chissà!