Love & mercy

Se, prima ancora dei titoli di testa, già abbiamo il Paul Dano di Little Miss Sunshine (2006) impegnato a ricalcare perfettamente movenze ed atteggiamenti di Brian Wilson negli anni Sessanta, è il veterano John Cusack a concedere anima e corpo al leader e genio musicale della band californiana dei Beach boys nel momento in cui ci si sposta a due decenni più tardi, quando fa conoscenza con la futura seconda moglie Melinda Ledbetter alias Elizabeth Banks.

Perché, relegando fugacemente il periodo del successo a suon di hit a base di divertimento sulla spiaggia, surf e ragazze nei soli minuti di avvio, a differenza di quanto avvenuto nei televisivi Sogni d’estate – La storia dei Beach boys (1989) di Michael Switzer e The Beach boys (2000) di Jeff Bleckner, Bill Pohlad – oltretutto produttore dell’acclamato 12 anni schiavo (2013) di Steve McQueen – non intende confezionare un biopic riguardante coloro che ci regalarono, tra le altre, I get around e Don’t worry baby, bensì mostrare gli aspetti più umani e veri della vita wilsoniana.

E lo fa, appunto, alternando la fase psicologicamente complicata attraversata nel decennio reaganiano (girata in trentacinque millimetri) a quella del duro lavoro svolto per concepire nel 1966 il capolavoro delle note Pet sounds (girata per lo più in sedici millimetri), comprendente la God only knows non poco adorata da Paul McCartney e la Wouldn’t it be nice qui posta in chiusura.

Oltre alla Sloop John B della quale viene fedelmente riprodotto il video promozionale in bianco e nero dell’epoca; man mano che assistiamo sia ai ricordi d’infanzia del protagonista alle prese con il violento padre Murry, ovvero Bill Camp, sia agli assurdi rituali cui lo costringe il disprezzabilissimo terapista Eugene Landy, magnificamente incarnato dal mai disprezzabile Paul Giamatti.  

Al servizio di due ore di visione che, in mezzo a sessioni di registrazione di pezzi del calibro di I’m waiting for the day e Good vibrations e look generale talmente fedele alle epoche ricostruite da far assumere all’insieme connotati non distanti da quelli di un lodevole documentario, non solo riescono nell’impresa di commuovere qualsiasi Wilson fan degno di tale classificazione, ma non possono fare a meno di conquistare il cuore di tutti gli altri spettatori nel rivelarsi la testimonianza della maniera in cui la musica contribuisca spesso a salvare perfino le esistenze più disastrate... proprio come l’amore.