L'ufficiale e la spia: lo stile classico di Polanski per un'importante storia di verità e libertà

Presentato alla 76esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, J'Accuse – L'ufficiale e la spia è l'ultima impresa cinematografica firmata Roman Polanski. Lo stile classico del regista si rivela con tutta la sua eleganza e la sua potenza, in termini di emozioni oltre che di contenuto, forte di una storia tra le più importanti e significative di sempre, e di un parterre attoriale di altissimo livello.

Jean Dujardin e Louis Garrel si dividono la scena in maniera parsimoniosa, apportando quel valore aggiunto come solo i grandi interpreti sanno fare e donando ai rispettivi personaggi un'umanità, una passione, una concretezza che trasbordano fuori dallo schermo.
Le vicende di Dreyfus (Garrel) e di Picquart (Dujardin) prendono così vita, tassello dopo tassello, andando a comporre quel puzzle dietro cui si celano menzogne, razzismo, ingiustizia, e dal quale emergono il valore e l'importanza di tale storia. La ricerca della verità si intreccia con la libertà di parola, in un crescendo di emozioni che esplodono sul finale, supportate dalla colonna sonora splendida e mai invadente.

Sviluppato come una sorta di thriller d'epoca, L'ufficiale e la spia getta luce su uno spaccato dell'esercito francese del XIX secolo, e lo fa senza riserve o giudizi: ciò che viene esibito (o almeno si tenta di fare) sono prove tangibili, le stesse sulle cui tracce si mette Picquart e attraverso le quali ciascuno spettatore formula le sue riflessioni. L'indagine condotta dall'ufficiale permette in tal modo di entrare sempre più a fondo nel marcio che si trova purtroppo in qualsiasi tipo di organizzazione, di comprenderne le sfumature, le esigenze e le sofferenze che inevitabilmente causa in chi se ne imbatte.

Insignita del Gran Premio della Giuria a Venezia, la pellicola si basa sull'omonimo romanzo di Robert Harris, co-sceneggiatore insieme a Polanski.