Men & chicken

Seppur quasi irriconoscibile a causa dell’insolito look con baffi e capelli mossi e tendenti al riccio, è di sicuro quello del Mads Mikkelsen di Casino Royale il volto più noto tra quelli atti a costituire l’ottimo cast della pellicola che, a dieci anni di distanza dall’acclamato Le mele di Adamo, del 2005, segna il ritorno dietro la macchina da presa per il danese classe 1972 Anders Thomas Jensen.

Pellicola in cui l’attore veste i panni di Elias, il quale, rivistosi con il fratello Gabriel alias David”Regression”Dencic per seppellire il padre, prima scopre insieme a lui che il loro genitore biologico è, in realtà, qualcuno che non hanno mai conosciuto, poi inizia per i due un viaggio alla ricerca di indizi che li riconducano alle origini delle rispettive psicosi.

Viaggio che li conduce presso la fatiscente villa paterna nella quasi disabitata isola di Ork, dove incontrano i loro altri tre fratelli, talmente caratterizzati da stravaganze da far sembrare entrambi due individui perfettamente equilibrati.

Perché, man mano che viene osservato come persone, piante ed animali siano tutti vittime del caso, altro non manifestano che i connotati di una sorta di contemporanea rivisitazione de L’isola del dottor Moreau di H.G. Wells i centoquattro minuti di visione, immersi in un’ambientazione rurale tutt’altro che priva di inquietante fascino.    

Ma, a differenza di quel classico della fantascienza su carta e delle sue trasposizioni cinematografiche (citiamo soltanto L’isola del dottor Moreau di Don Taylor e L’isola perduta di John Frankenheimer), qui non si punta affatto all’intrattenimento in salsa horror, bensì a mettere in piedi un dramma a tinte grottesche (soprattutto per quanto riguarda gli assurdi personaggi) finalizzato a raccontare su schermo, appunto, la storia di due fratelli cui la natura ha dato brutte carte.

Infatti, sebbene non risultino assenti i consueti animali mutati e bizzarri ibridi (tra i quali una cicogna caratterizzati da piedi umani e labbro leporino), sono in particolar modo l’ironia dei dialoghi e lo humour nero a dominare un non disprezzabile, atipico elaborato che, impreziosito da un quasi commovente epilogo, tiene a ribadire (non senza una certa poesia) sia che qualsiasi creatura è stata creata da qualcuno, sia che la vita non è altro che vita.