Most Beautiful Island: suspense, citazioni e denuncia, l'eccellente esordio alla regia di Ana Asensio

La brava Ana Asensio, alla prima prova dietro la macchina da presa, sorprende per il coraggio e per il risultato ottenuto, davvero notevole.

Tanto per iniziare, il film è girato in 16 millimetri, formato molto meno “facile” e più costoso ma sicuramente più caldo e affascinante del digitale. Formato che, inoltre, ricorda anche certo Cinema anni '70 che abbiamo amato, visto che in certe imperfezioni delle messe a fuoco e in certi flares (l'effetto “strano” della luce in macchina) si sente anche un qualcosa dello straordinario John Cassavetes al quale Ana sembra molto affezionata (autore che ritorna anche nella completa apertura del finale).

Però, a dirla tutta, Most Beautiful Island, è pricipalmente un gran bel thriller che riesce a creare una suspense non comune. E lo fa rimanendo quasi fermo, senza colpi di scena o effetti speciali, forte soltanto di un'attesa quasi infinita (ma non esasperante) che, sempre tornando alle ispirazioni, ricorda qualcosa del Polanski più claustrofobico.

Poi, oltre tutto questo, c'è anche un messaggio che riguarda il sentirsi per sempre fuori luogo in un paese che, specie negli ultimi tempi, tende a respingere chiunque sia diverso. Il dramma dell'immigrazione, che qui esce fuori nei lavori precari dei personaggi, nel senso di comunità “straniera”, nella voglia di un riscatto che sembra non arrivare mai, rende il racconto ancora più denso. E, allora bravi tutti ma principalmente, di nuovo, brava Ana, immigrata anche lei che non senza difficoltà (perlomeno nel finanziamento del progetto), è riuscita a realizzare il suo sogno nella maniera migliore. Consigliatissimo.