Naples '44

Il dettagliato resoconto dell’ufficiale Norman Lewis dello sbarco a Salerno e dalla liberazione di Napoli da parte delle Forze Alleate è riportato e ricostruito fedelmente nel diario scritto dallo stesso ufficiale con il titolo Napoli ’44. Un materiale ricco e molto toccante che il regista nostrano Francesco Patierno ricolloca e riassembla all’interno del suo documentario omonimo Naples ’44 (presentato alla Fsta del Cinema di Roma 2016).

Le parole del diario (vociate in inglese da Benedict Cumberbatch e in italiano da Adriano Giannini) si mescolano così alle tantissime immagini di repertorio di proprietà dell’Istituto Luce, ma anche di Getty Images e British Pathé, per ricostruire lo sguardo di uno straniero in città, lo sguardo di qualcuno che per la prima volta s’imbatte in una tale mescolanza di bellezza e orrore. A rievocare il tempo storico di un momento particolare e di eccezionale importanza per i napoletani, non intervengono però solo foto e voci, ma anche stralci dei film che hanno riproposto quel suggestivo momento a mezzo cinema: Le quattro giornate di Napoli e Catch 22, Paisà e Chi si ferma è perduto, La pelle e Il re di Poggioreale. Miseria e nobiltà si confrontano faccia a faccia in un documentario che mette in scena lo scempio della guerra, la brutalità militare, la piaga dell’indigenza, ma anche la ricchezza e la resilienza di un popolo che è sempre riuscito, e nelle occasioni più svariate, a far fronte alle difficoltà e ai propri momenti di buio, facendo affidamento alla propria bellezza reale ed emotiva.

Il volto di una Napoli distrutta filtrata attraverso l’occhio di un inglese è dunque illuminata, per contrasto, da un ventaglio ricchissimo di sfumature umane ed esistenziali. Eroismo quotidiano, e quotidiana sopravvivenza in un mondo dove nonostante le macerie e la disperazione si cerca di andare avanti e, anzi, si tenta realmente di rinascere dalle proprie ceneri.

Un ottimo lavoro di catalogazione, collezione e giustapposizione è alla base di quest’opera che ribalta il senso ultimo di quella bellezza implicita nel celebre “vedi Napoli e poi muori”. Lì è il simbolismo di una bellezza che genera una pace dei sensi tale da potersi considerare anche l’ultima sperimentata in questa vita. Qui, di contro, nel documentario fortemente voluto dal regista Patierno, è una Napoli che ha visto la morte replicata in migliaia e migliaia di scene, e che cerca invece di rivivere, di nuovo, attraverso la propria bellezza, la propria creatività, il proprio spirito di ‘resurrezione’. Un modo forse inusuale ma di valore, per scoprire il carattere vitale e lo spirito di rivalsa di una città e del suo popolo, fotografata attraverso i ricordi di un momento durissimo eppure emblematico della sua Storia.  

Opera che scava con delicatezza nelle piaghe di una memoria torbida e che riporta poi alla luce il valore essenziale di un passato profondamente attuale, che ricorda alla stessa Napoli tutti i tasselli della sua verve straordinaria, e che rivela a tutti gli altri i tesori più nascosti della propria veracità.