Ninna nanna e la "Gioia" della maternità

Il produttore esecutivo è il Tonino Abballe regista di Quel venerdì 30 dicembre e Girotondo, ma sono il Dario Germani occupatosi della fotografia dei due lungometraggi e l’esordiente – ma dopo anni di esperienza in qualità di aiuto – Enzo Russo a trovarsi dietro la macchina da presa di Ninna nanna.

Una vicenda di maternità che viene quasi voglia di associare a Babadook di Jennifer Kent, rispetto al quale, però, nonostante qualche accenno a situazioni altamente drammatiche, non presenta alcun elemento  soprannaturale o, comunque, legato all’horror. Perché ne è protagonista una ottima Francesca Inaudi nei panni di Anita, giovane e talentuosa enologa propensa a curare ogni acino d’uva come un figlio e che, amata e innamorata, è pronta, dunque, a diventare mamma. Senza immaginare, però, che la gravidanza e il parto non siano il peggio destinato a passare, bensì l’inizio della fine di quella che era la propria vita serena ed equilibrata; tanto che, nella sua testa, la piccola non rappresenta affatto la Gioia che porta nel nome, ma, addirittura, una minaccia per la relazione che conduce con il tenero e premuroso compagno Salvo, ovvero il Fabrizio Ferracane di Anime nere

Anche se, nei panni di uno zio interessato all’integrazione multiculturale ed alla realizzazione di documentari, provvede Nino Frassica a strappare risate allo spettatore, soprattutto nel corso dei duetti con un barbiere in possesso delle fattezze del caratterista Salvatore Misticone.

Soltanto due dei nomi inclusi in un valido e ricco cast che, tra il figlio d’arte Massimiliano Buzzanca, la Manuela Ventura della mini-serie televisiva Il capo dei capi e la veterana Maria Rosaria Omaggio, annovera anche Guia Jelo e Luca Lionello. 

Mentre sono le efficaci musiche composte dal Francesco”Kekko”Silvestre leader della band dei Modà a garantire qualche sprazzo di indispensabile poesia nel corso di circa un’ora e quaranta di visione che, tutt’altro che sciatta dal punto di vista tecnico (grazie anche alla lodevole fotografia per mano dello stesso Germani), pecca soltanto nell’eccessiva lentezza di narrazione attraverso cui filtra l’evoluzione degli eventi portati in scena.