Omicidio all'italiana

Cosa succede se uno strano delitto si consuma nella sperduta località dell’entroterra abruzzese Acitrullo, dove il tasso di natalità è pari allo zero, gli abitanti sono per lo più anziani e si svolgono addirittura gare dei cinque metri piano? Considerando che il sindaco si chiami Piero Peluria e che possieda i connotati del re dei finti trailer comici Marcello Macchia, meglio conosciuto come Maccio Capatonda, nulla di esageratamente serioso e tragico, di sicuro. Perché, affiancato dal fratello e suo vice Marino, ovvero l’Herbert Ballerina che corrisponde all’anagrafe al nome di Luigi Luciano, è proprio lui a far passare in maniera esilarante per uccisione l’improvvisa morte naturale di una paesana; in maniera tale che, una volta tanto, la dimenticata località abbia la propria occasione di uscire dall’anonimato che la attanaglia. 

Non a caso, appena diffusa la notizia del ritrovamento del cadavere il piccolo paese diventa perfino più famoso di Cogne, con infinità di turisti interessati a trascorrevi le vacanze e, addirittura l’arrivo della spregiudicata giornalista del famigerato programma televisivo Chi l’acciso?, Donatella Spruzzone. Giornalista cui concede anima e corpo una Sabrina Ferilli e che, se richiama nel nome la criminologa Roberta Bruzzone, si presenta in maniera evidente in qualità di mix di Barbara D’Urso e Federica Sciarelli; rivelandosi l’ingrediente necessario ad accentuare la critica rivolta da Capatonda – che, oltre a fare anche da regista, ricopre il ruolo di un politico immancabilmente dedito ad accattivarsi il popolo e quello del padre di una ridicola famiglia di napoletani – alla falsità del piccolo schermo e, in particolar modo, alla sua facile propensione a sfruttare spesso il dolore in favore della crescita dell’audience.

Una critica intelligente come fu anche quella indirizzata alla triste epoca dei reality show nell’esplosivo debutto registico capatondiano Italiano medio, che, in maniera analoga ad Omicidio all’italiana, fece dei doppi sensi e delle storpiature di parole il proprio piatto forte in fatto di comicità (in questo caso abbiamo, tra l’altro, la macelleria Al Caprone e l’inviato tv Salvo Errori, chiaramente riferito a Salvo Sottile).

Con Nino Frassica, Gigio”Gomorra”Morra, Ninni Bruschetta e il “solito” idiota Fabrizio Biggio ad arricchire il cast di una oltre ora e mezza di visione capace di tirare dentro l’attualità tricolore d’inizio terzo millennio in tutte le sue forme (si va dai cinesi di Milano ai profughi) e di divertire lo spettatore senza annoiarlo mai... pur apparendo meno compatta della precedente opera del Maccio nazionale e non priva di gag che mancano il bersaglio (quella dell’urina si poteva tranquillamente evitare).