Oro Verde – C’era una volta in Colombia, la bonanza marimbera de La Guajira

Esistono schiere infinite di film, serie tv e documentari che hanno trattato il tema del narcotraffico, della violenza ad esso legata e dei suoi principali protagonisti. Fiumi di sequenze e infinite sceneggiature sono state infatti dedicate a Pablo Escobar, al mondo brutale che lo circondava e alla micidiale cocaina. Eppure, in questa inflazione cinematografica di polvere bianca e inaudita ferocia, nessuno aveva ancora mai pensato di raccontare sul grande schermo la ‘bonanza marimbera’: epoca gloriosa tra gli anni ‘70 e ‘80 in cui l’esportazione di marijuana negli Stati Uniti si è concentrata particolarmente nel deserto de La Guajira, situato nell’estremo nord della Colombia e circondato dal Mar dei Caraibi. A colmare questa mancanza hanno pensato Ciro Guerra (L’abbraccio del serpente, 2015) e Cristina Gallego con Oro Verde – C’era una volta in Colombia: opera affascinante sull’identità violata di un intero Paese.

Raphayet (José Acosta), membro della tribù indigena dei Wayuu, vorrebbe sposare la giovane Zaida (Natalia Reyes), figlia della potente capoclan Ursula (Carmina Martinez). Il matrimonio potrà però avvenire soltanto quando l’uomo porterà in dote alla futura sposa 30 capre, 20 mucche, 5 collane e 2 muli. In men che non si dica, insieme all’amico Moises (Jhon Narvaez), Raphayet metterà in piedi un vero e proprio traffico di cannabis che gli consentirà di prendere in moglie la bella Zaida, ma quanto sarà alto il prezzo da pagare per avere ‘contaminato’ con l’avidità le ancestrali tradizioni degli Wayuu?

I due filmmakers colombiani mettono brillantemente in scena un dramma dai toni shakespeariani che richiama alla mente i racconti del grande Gabriel García Márquez. Sì, perché realismo magico, elementi soprannaturali, favola, sogni e cruda realtà si mescolano in quest’opera per dar vita a un magnifico unicum narrativo che, sebbene il film sia diviso in cinque Canti e composto da diversi generi, terrà gli spettatori inchiodati alla poltroncina rossa dalla prima all’ultima inquadratura. Tradimenti, intrighi, vendette e un’interpretazione molto particolare dell’onore e della lealtà vengono qui rappresentati come un mix tra ‘danni collaterali’ del capitalismo e arcaiche regole: un lamento straziante per la profanazione di antichi riti e ataviche usanze. La coppia Guerra-Gallego realizza dunque un lungometraggio che appare quasi come una testimonianza antropologica di brutale onestà dove capanne, muli e coltelli con il passare del tempo e con l’aumentare della ricchezza vengono rimpiazzati da ville nel deserto, jeep americane e pericolosissime pistole: lentamente cambia l’aspetto sociale… e velocemente quello umano!

Pájaros de verano (questo il titolo originale) è sì un film potente che, narrando una saga mafiosa in stile indigeno, spiega in parte la deriva della Colombia di oggi, ma è soprattutto un doloroso ritratto della natura umana e della sua perdita d’innocenza, sopraffatta da incontrollata ambizione.

Al cinema grazie ad Academy Two, Oro Verde – C’era una volta in Colombia è visivamente impeccabile, diretto a quattro mani con polso deciso, interpretato da bravissimi attori, ipnotico, elettrizzante, a volte febbricitante e irresistibile, altre scioccante. In sintesi… da non perdere.