Ouija - L'origine del male

Per chi ancora non ne fosse a conoscenza, la Tavola Ouija è uno strumento usato per le comunicazioni medianiche ideato a metà del XIX secolo. Costituito da una superficie piatta con sopra incise tutte le lettere dell’alfabeto, i numeri dallo 0 al 9, e un “sì” e un “no”, questo apparecchio divenne nel tempo un ‘must’ per gli spiritisti, e una miniera d’oro per il filone del cinema horror. Diretto da Mike Flanagan, Ouija - L'origine del male, sequel di Ouija del 2014 che fu stroncato dai critici di mezzo mondo, risulta essere una sorpresa insperata. Sì, perché pur non creando un capolavoro, il regista statunitense realizza un’opera ben riuscita su un tema fin troppo scandagliato dal grande schermo.

Ambientato nella Los Angeles di metà anni Sessanta – epoca in cui, oltre all’amore libero e all’abuso di droghe, proliferavano gli spiritisti – il film narra la storia di una donna che, rimasta vedova con due figlie, si procura da vivere fingendosi una medium. Ma, un giorno, uno spirito apparirà davvero… L’escamotage di far iniziare Ouija - L'origine del male come un dramma in cui, a piccoli passi, si viene condotti nella dolorosa realtà di un nucleo familiare, è senza dubbio un ottimo punto di partenza sia per ottenere la giusta empatia con il pubblico, che per far nascere in sala la suspense necessaria allo svolgimento del racconto.

Concentrandosi nel mantenere un forte clima di tensione per l'intera durata del film, Flanagan riesce infatti a tenere sempre alta l’attenzione dello spettatore senza esagerare nella rappresentazione grafica degli spettri. Questo non significa che non si assista a scene di vera paura, anzi, la bravura del filmaker americano sta proprio nell’aver saputo equilibrare sapientemente i cosiddetti “salti sulla sedia” con un’atmosfera di pathos e angoscia. Certo, i richiami a L’esorcista appaiono evidenti, come sono presenti anche tutti i cliché che accompagnano il genere horror, quali: la bambola, il prete, la filastrocca, lo scantinato e la bambina posseduta. Già, la bambina. E’ ormai cosa nota che l'inserimento di piccole anime innocenti all’interno di un lungometraggio del terrore sia una mossa vincente, e se la piccola in questione ha anche occhi azzurri, capelli biondi, e uno sguardo che uccide… il gioco è fatto. Altro elemento notevole è la particolare cura posta nel rappresentare dettagliatamente l’ambientazione degli anni Sessanta: un tocco di eleganza che di sicuro non guasta.

Ouija - L'origine del male funziona, però, soltanto fino a tre quarti di proiezione. Nel finale tutto evapora, purtroppo, come acqua sul fuoco. Del resto, che il diavolo faccia le pentole, ma non i coperchi, lo sanno tutti!