Prima di Lunedì

È una esilarante situazione ambientata nel pieno svolgimento di un funerale ad aprire la terza collaborazione tra il regista Massimo Cappelli e Fabio Troiano, dopo la commedia nuziale Il giorno + bello (2006), che vide l’attore affiancato da Violante Placido, e Non c’è 2 senza te (2015), in cui fece coppia gay con Dino Abbrescia e si ritrovò ad avere a che fare con una immancabilmente sexy Belén Rodriguez. Un Fabio Troiano anche sceneggiatore insieme allo stesso Cappelli e a Giuseppe Lo Console e che, non invitato all’imminente matrimonio della ex fidanzata Penelope alias Martina Stella, veste qui i panni del giovane Marco, amico inseparabile proprio del fratello della ragazza, Andrea, interpretato dall’Andrea Di Maria di Torneranno i prati (2014). Amico che finisce per non poterlo abbandonare neppure quando entrambi, in una deserta Torino d’Agosto, a causa di un incidente sono costretti a sdebitarsi con il poco raccomandabile Carlito, individuo esteta e orgoglioso di essere italiano che, in possesso di una catena di supermercati e di automobili 500 di tutti i colori, deve far consegnare un uovo di Pasqua dalla sorpresa molto appetibile. Il Carlito cui concede anima e corpo il mai disprezzabile Vincenzo Salemme, il quale, tra l’altro, si cimenta sia in divertenti monologhi-attacchi relativi alla Francia e ai mobili di produzione svedese che in una discussione sulla carbonara con la svampita ottantenne in cerca d’amore Chanel, cui concede anima e corpo una ritrovata e convincente Sandra Milo.

In realtà, due dei pochi momenti veramente comici – insieme alla gag con Marco impegnato a fare la statua finta – della gradevole e tutt’altro che volgare operazione, a proposito di cui Cappelli precisa: “L’ambientazione piemontese-campana del film, la continua ricerca di location fuori dagli schemi, la fotografia calda, il montaggio serrato, una colonna sonora con ritmi etnici: tutto contribuisce alla creazione di un prodotto d’intrattenimento che ha l’ambizione di cercare un’altra strada rispetto a quella di solito battuta dalla recente commedia nazionale”.

Perché, pur rivelandosi poche – come già accennato – le occasioni per sprofondare in sane risate nel corso della circa ora e mezza di visione, la consueta, non disprezzabile regia cappelliana riesce a far sì che lo spettatore si senta, comunque, sufficientemente coinvolto e, nonostante lo script barcollante, provi l’impressione di trovarsi dinanzi ad un leggero elaborato da grande schermo non distante – soprattutto per quanto riguarda la gestione del ritmo e l’uso dei colori – ad analoghe produzioni iberiche.