Robin Hood - L'origine della leggenda: Alla scoperta delle origini di Robin Hood

Dopo tanti castelli medievali e abiti dal tipico taglio dell'epoca, dopo leggendari arcieri considerati anche troppo vecchi per il ruolo – vedi Russell Crowe nel film di Ridley Scott - e una lunga serie di Lady Marian timorate di Dio, arriva al cinema una versione completamente nuova di Robin Hood.
Anacronistico, distopico e basato principalmente sull'azione, il film di Otto Bathurst fa leva su un impianto visivo da scenario post-apocalittico che per molti aspetti ricorda la trilogia di Hunger Games, data anche la presenza di abiti e acconciature vistosi che ben poco hanno di medievale.

Per il suo lavoro, il regista britannico ha scelto come protagonista il ventinovenne Taron Egerton, plausibile nella parte di un giovane Robin, mentre il personaggio di Marian è stato affidato alla figlia del leader degli U2, Eve Hewson, che interpreta non più una fanciulla inerme bensì una donna tenace e coraggiosa che trama nell'ombra per aiutare il popolo.

Il film è indubbiamente dotato di un buon ritmo narrativo, tuttavia, ciò che non convince gli amanti della tradizione, è la nuova versione del leggendario Robin Hood, qui a metà tra un ninja e un black block. Armato di frecce, felpa con il cappuccio, un fazzoletto che copre il volto e una giacca attillata, Robin se la cava con l'arco e mena pugni a sufficienza ma, sul finire del film, lascia davvero ben poco e non regge il confronto con i suoi predecessori: attori del calibro di Errol Flynn, Sean Connery, Douglas Fairbanks e lo stesso Kevin Costner che, sebbene all'epoca fu criticato per aver mantenuto l'accento americano nella versione originale di Kevin Reynolds, sembra riacquistare punti in classifica.

Gli stessi effetti speciali del film di Bathurst sembrano dozzinali per l'epoca in cui viviamo e la totale mancanza di scene sanguinolente fa pensare che questo Robin Hood del XXI secolo sia destinato ad un target davvero molto giovane, giusto quello che potrebbe apprezzare esplosioni casuali e ad effetto, scazzottate a volontà, la figlia di un cantante famoso e un attore decisamente appetibile.

Recita un detto: “chi lascia la vecchia strada per la nuova, sa quel che lascia ma non sa quello che trova”. Sembra essere il caso di Robin Hood – L'origine della leggenda.
Un film che mira a spiegare il perché della crudeltà dello sceriffo di Nottingham e che vuole raccontare la nascita della leggenda di Robin Hood nonché il suo travagliato amore con Marian, ma che non aggiunge nulla di particolarmente eccitante alla ricca filmografia sul personaggio e che, nonostante la rivelazione finale, non convince sia per la messa in scena destabilizzante che per la sceneggiatura, decisamente deboluccia.

La trama, tuttavia, è sempre la stessa: durante la terza crociata, Robin conosce un saraceno il cui nome in inglese corrisponde a John – ad interpretarlo, il premio Oscar Jamie Foxx - e sarà proprio il suo nuovo amico a suggerirgli di vendicarsi dello sceriffo di Nottingham che, durante la sua assenza, ha distrutto il suo castello ed ha iniziato a spremere il popolo con tasse ingenti e numerose.

Non pago della perdita del proprio maniero, Robin, che era stato costretto a partire per combattere lasciando la sua adorata Marian, la ritrova felicemente fidanzata con Will poiché egli stesso era stato dato per morto: l'autocommiserazione sembra prendere il sopravvento ma il piano di John, abile e velocissimo combattente, è quello di trafugare denaro allo sceriffo e ai suoi scagnozzi, e con esso conquistarsi la fiducia dello stesso sceriffo, facendo ricche donazioni a lui e al perfido cardinale interpretato da F. Murray Abraham. Le rapine si susseguono con successo, alcune in maniera assai rocambolesca, ma ben presto Robin deve vedersela anche con il giovane Will - per il cui ruolo è stato scelto Jamie Dornan, sulla cresta dell'onda dopo aver interpretato il fotografo Paul Conroy nello splendido A private war -, punto di riferimento del popolo che ora vede soffiarsi da sotto il naso lo scettro di trascinatore dei più deboli.

Robin rimane dunque colui che ruba ai ricchi per dare ai poveri e che combatte le ingiustizie, ma il finale rivela un abile colpo di scena che sembra promettere un nuovo capitolo della ben nutrita saga.

Della tradizione rimangono i personaggi e gli eventi principali, il resto è una rivisitazione in chiave attuale e contemporanea di quello che molti vorrebbero come supereroe dei nostri tempi: un paladino della giustizia pronto a contrastare la corruzione dei potenti e l'avidità della stessa chiesa.

Ad essere attratto dalle tematiche senza tempo proposte dagli sceneggiatori Ben Chandler e David James Kelly, è stato addirittura Leonardo Di Caprio che ha prodotto il film con la sua Appian Way, insieme a Jennifer Davisson.

Per chi è più legato alla leggenda risalente al periodo medievale, il Robin Hood di Bathurst risulterà un filino gradasso e inconsistente. Per i più giovani e amanti dell'azione, è in arrivo un classico dell'entertaiment che coniuga amore, amicizia e una ricchissima dose di azione.