Sasha e il Polo Nord, un emozionante viaggio formativo attraverso l’animazione

Dopo i recenti successi ottenuti con Il piccolo principe, La Tartaruga Rossa, Le stagioni di Louise e La mia vita da zucchina, il cinema animato made in France si dimostra più in forma che mai. Certo, competere con la fabbrica dei sogni Disney e Pixar, o con la superpotenza giapponese dello Studio Ghibli non è impresa facile, ma le leggende della mitologia ci insegnano che il ‘piccolo’ Davide sconfisse il gigante Golia, dunque… mai dire mai! D’altronde, l’animazione è una delle passioni dei nostri cugini d’oltralpe, prova ne è il fatto che ogni estate, a partire dal 1960, ad Annecy - incantevole cittadina francese capoluogo dell’Alta Savoia – si svolga il più importante festival mondiale dedicato ai ‘cartoons’. Ed è proprio in questa kermesse cinematografica che, nel 2015, lo splendido Sasha e il Polo Nord, opera d’esordio di Rémi Chayé, si aggiudicò il Premio del Pubblico.

Distribuito dalla P.F.A. Films, sarà finalmente possibile assistere anche in Italia alla proiezione di questa emozionante coproduzione franco-danese: un gioiellino che di certo non deluderà né adulti né piccini. Sasha e il Polo Nord narra le avventure di Sasha, una giovane aristocratica Russa che opponendosi alle regole dettategli dai genitori fuggirà di casa alla ricerca del nonno, il famoso esploratore Olukine scomparso due anni addietro, nel 1880, mentre con la sua nave, la Davai, cercava di raggiungere il Polo Nord…

Affascinato fin dalla più tenera età dai racconti sulle prime spedizioni ai Poli, il cineasta transalpino, che per anni ha conservato il diario di bordo del mitico viaggiatore inglese Ernest Shackleton, mette in scena una poetica storia di formazione che stupisce tanto per tecnica quanto per struttura narrativa. Chayé – già assistente alla regia e storyboarder di The Secret of Kells di Tomm Moore e de La Tela Animata di Jean-François Laguionie – conduce lo spettatore in una lunga traversata da San Pietroburgo fino al Circolo Artico, in cui predomineranno i colori sulle linee, la vastità dei magnifici paesaggi sui dettagli e le rotondità dei volti sulle spigolature.

Attraverso il viaggio della protagonista, il filmmaker rende il pubblico testimone della crescita interiore alla quale Sasha andrà incontro, e la delicatezza con cui ne raffigura il mutamento è senza dubbio uno dei tanti motivi della riuscita del film. Già, perché la giovane ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri è qui mostrata come un’eroina profondamente diversa da quelle che abitualmente si vedono nei lavori di animazione, lei non ha infatti bisogno di acquisire super poteri né di combattere contro chissà quali mostri: no, la bella fanciulla giungerà alla meta grazie a tenacia, amore verso il nonno e condivisione. Ciò che Sasha apprenderà durante il suo cammino si trasformerà dunque in un’importante lezione di vita dedicata a ogni essere umano, indipendentemente dall’età: senza il sacrificio personale, lo spirito di gruppo e il rispetto per la natura – che ci ricorda il nostro posto nel mondo, e di fronte alla quale siamo tutti uguali –, sarebbe impossibile portare a termine qualsiasi percorso iniziato. Ma la forza straordinaria di questa pellicola sta anche nell’uso dei toni di colore che, creando affascinanti contrasti cromatici, passano dai caldi arancioni di San Pietroburgo (la vista dall’alto della città bagnata dalla Neva, o quella dell’interno dell’antico palazzo in cui Sasha abita con la famiglia sono immagini di una bellezza mozzafiato) al candido bianco delle nivee distese del Polo Nord.

Godere della raffinatezza del lungometraggio di Chayé è un po’ come riprendere in mano un romanzo di Jules Verne, o di Herman Melville, e... tornare a sognare.