Single ma non troppo

Il punto dell’essere single è che bisogna assaporarlo?

È vero che la vita vera la viviamo nei periodi tra una relazione e l’altra?

Se, al di là di Bridget Jones, nel corso della oltre ora e cinquanta di visione viene citato verbalmente anche Sex & the city il motivo è presto spiegato: l’autrice del romanzo a cui s’ispira il lungometraggio di Christian Ditter – regista, tra l’altro, di Vicky il vichingo (2011) e #ScrivimiAncora (2014) – è Liz Tuccillo, rientrante proprio tra gli sceneggiatori del popolare telefilm incentrato sulle avventure erotico-sentimentali di Carrie Bradshaw e delle sue tre inseparabili amiche.

Del resto, mentre viene precisato che facciamo finta di non essere single perché ci vergogniamo di ammettere che lo siamo, sotto la produzione di Drew Barrymore sono anche in questo caso quattro figure femminili a fare da protagoniste in una New York piena di cuori solitari alla ricerca della propria anima gemella.

Quattro figure femminili a cominciare dalla Alice incarnata dalla Dakota Johnson di Cinquanta sfumature di grigio (2015), la quale, persuaso il serissimo fidanzato del suo bisogno di stare un po’ sola, inizia un nuovo lavoro e trova la “guida turistica” ideale nella super indipendente Robin con le fattezze di Rebel”Voices”Wilson, dedita in maniera esclusiva a feste, ubriacature e, soprattutto, rapporti occasionali.

Mentre, interpretata dalla Leslie Mann di Come ti rovino le vacanze (2015), Meg è la sorella ostetrica – ma tutt’altro che propensa ad avere un bambino – di quest’ultima e Lucy alias Alison Brie è una giovane intraprendente, determinata a fidanzarsi al più presto possibile addirittura online, pur di trovare un solo compagno.

E sono maschietti spazianti dal barista donnaiolo con premeditata mancanza di servizi nel suo appartamento da scapolo al padre single riluttante a tuffarsi in un nuovo accoppiamento a completare la “fauna umana” dell’elaborato, la cui unica sequenza memorabile sembra essere rappresentata da un tenero confronto tra Meg e un bimbo.

Perché, man mano che il personaggio di Lucy appare decisamente in disparte rispetto alle altre e che quello della grassa Robin in qualità di “divoratrice” di uomini risulta molto poco credibile, le perle di script si sprecano tra sesso che va obbligatoriamente fatto nell’amicizia tra uomo e donna una volta superato un certo numero di drink e la consapevolezza che, se a volte trovare la dolce metà è una questione di statistica, altre è di chimica.

Perle che, con tanto di inevitabili tentativi di momenti strappalacrime nella fase conclusiva,  vanno ad alimentare le banalissime morali di un fiacco insieme destinato a rivelarsi per nulla simpatico nelle situazioni che vorrebbero essere divertenti (compresi lecca lecca e cannucce dalla forma fallica) e non poco stucchevole quando intende tirare in ballo il romanticismo.

Forse, quindi, si sta meglio a casa... e in coppia!