Sofia – Storie di donne in un Marocco contemporaneo ma profondamente retrogrado

Sofia (la bravissima Maha Alemi) ha vent’anni e vive a Casablanca con i suoi genitori. La sua è una famiglia di origini modeste che soffre, forte, il confronto con la ricca famiglia della zia Leila. Lei e sua cugina Lena sono infatti diverse per estrazione e aspirazioni, sogni e possibilità, e i sogni di Sofia hanno (a differenza di quelli sfavillanti della cugina) il profilo duro della realtà, incastonati all’interno di un vivere adolescenziale che non contempla tante cose, come nemmeno l’amore: “L’amore a prima vista esiste solo nei film”.

Un giorno, durante un pranzo di famiglia, Sofia avverte forti dolori alla stomaco, e sua cugina Lena (laureata in medicina e specializzanda in oncologia) intuisce in fretta che la cugina sta per partorire e che si tratta di un diniego di gravidanza, ovvero di una gravidanza a tutti gli effetti ma ostacolata nei mesi dalla non volontà di averla. Una serie di concitati eventi porterà alla nascita della bambina di Sofia, ma dal momento che né la società (si rischia addirittura il carcere) né tantomeno la sua famiglia possono accettare un figlio illegittimo nato fuori dal sacramento del matrimonio, inizieranno per Sofia, sostenuta dalla cugina Lena, una serie di dolorosi eventi volti ad arginare gli effetti di uno scandalo annunciato.

Vincitore del premio Miglior Sceneggiatura nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2018, Sofia della regista marocchina (formatasi in Belgio) Meryem Benm’Barek affronta nella confezione di un thriller teso che diventa ben presto dramma esistenziale, e all’interno di un Marocco profondamente ingiusto e imparziale, la dolorosa questione del senso di colpa e dell’umiliazione esercitati nei confronti della donna che si macchi del ‘peccato’, o nei confronti del più debole in generale. In una scala sociale ben definita in cui i ricchi e con più potere riversano sistematicamente i loro problemi sui meno abbienti e dunque meno in grado di far valere le loro scelte, Sofia dipinge una società squallida, alimentata dalle sole apparenze e da una serie di questioni di interesse che si vanno via via intrecciando senza soluzione di continuità. L’evento catartico di un figlio illegittimo da accettare, scatena infatti una serie di scelte tutto operate a ricasco del prossimo più debole. Uomini assenti o fuori campo e donne in prima linea a prendere decisioni anche di ordine economico, rappresentano la doppia marcia di quest’opera che utilizza un registro semplice ma efficace, sempre molto a fuoco nell’inquadrare i personaggi tanto nei loro conflitti interiori quanto nelle loro dinamiche esterne. A fuoco sulla protagonista Sofia, ma anche su sua cugina Lena e sulle rispettive genitrici, Meryem Benm’Barek descrive un mondo di donne e madri concitato e controverso, schiacciato dal peso di scelte da prendere di fronte a un quadro di opzioni sempre assai scarne, quando non uniche.   

Il dramma di una gravidanza segreta e da secretare offre alla regista marocchina lo spunto per descrivere il Marocco contemporaneo nella sua necessità di percorrere la scalata sociale, e nella sua iniqua peculiarità; una dinamica che poi rappresenta poi l’iniqua peculiarità di molti altri mondi e Paesi, dove infine vale sempre e invariabilmente (proprio come nella Giungla) il triste paradigma della legge del più forte.