Split: tanto di cappello Mister Shyamalan!

Nascere, morire e rinascere nel giro di diciotto anni, non è cosa da tutti. Nonostante il “samsara” preveda che tutto ciò accada nell’arco di un’intera esistenza, M. Night Shyamalan è riuscito nell’impresa. Era il lontano 1999 quando il regista statunitense di origini indiane presentò sul grande schermo Il Sesto Senso, e fu subito capolavoro. Da allora fino al 2006 la sua fama rimase invariata, precipitando poi, purtroppo, verso il baratro. Ma Shyamalan risorge oggi a nuova vita e, come l’Araba Fenice, dalle proprie ceneri costruisce Split: una spirale di ininterrotta suspense della durata di 117 minuti. Se già nel 2015, grazie a The Visit, le scure nubi che avevano lungamente aleggiato sopra la testa del filmaker si erano diradate, con la realizzazione del suo ultimo lavoro il sole è tornato finalmente a splendere su di lui. Sì, perché Shyamalan, riprendendo fiducia in se stesso, regala agli spettatori un ottimo thriller psicologico il cui protagonista, un individuo affetto da Disturbo Dissociativo dell’Identità, li condurrà in un oscuro viaggio all’interno della psiche umana.

All’uscita di un supermercato, Kevin - che racchiude in sé 23 personalità più una, la terribile ventiquattresima - rapisce tre ragazze: l'attentissima ed ostinata Casey, Claire e Marcia. Da quel momento inizierà una guerra sia nella mente di Kevin per la sua sopravvivenza, che per la salvezza delle giovani donne… Il cinema si è spesso occupato del Disturbo della Personalità Multipla, basti pensare al Norman Bates di Hitchcock, ma il cineasta nato sulle sponde del Mar Arabico in Split si spinge oltre, fino a mettere in scena un claustrofobico e affascinante vortice ansiogeno da cui sarà difficile non farsi catturare.

Una delle caratteristiche di Shyamalan è quella di cominciare le sue storie con idee che si ispirano a fenomeni anomali del mondo naturale, questo è però solo il punto di partenza per portare poi i suoi protagonisti in un regno straordinario, lasciando gli archi narrativi derivare dalle lotte dei personaggi stessi. Ed è proprio ciò che, con potenza strabiliante, avviene in Split. I diavoli che irrompono nella testa di Kevin, trasformandolo in bizzarro stilista, compulsivo maniaco della pulizia, morigerata donna o bambino di nove anni, combatteranno una guerra senza esclusione di colpi, come allo stesso modo Casey lotterà contro gli orrendi ricordi d’infanzia che gli riaffiorano nella memoria. A fare da contraltare a tali turbamenti Shyamalan inserisce la materna e rassicurante figura di una psichiatra, eppure… Eppure, saranno proprio le scene con i dialoghi tra la dottoressa e il suo paziente Kevin a rappresentare la vetta massima della tensione filmica.

Con un modesto budget di produzione e un cast artistico composto essenzialmente da cinque persone, l’indiscusso Re del colpo di scena riesce dunque a portare a casa un risultato sorprendente. Scritto, diretto e finanziato dallo stesso Shyamalan, Split convince appieno tanto per qualità tecnica – la fotografia è impeccabile come anche la sceneggiatura -, che per l’opprimente atmosfera che si respira durante la proiezione. D’altronde, il talento del regista nel saper creare quel giusto mix di terrore e agitazione da ciò che è apparentemente banale o comune, è ormai noto a tutti. Certo, uno straordinario James McAvoy contribuisce, e non poco, all’eccellente riuscita del film, e in un’epoca in cui la CGI ha preso il sopravvento sulle doti attoriali, godere di una così preziosa interpretazione è un vero piacere. Una piccola curiosità sarà però certamente saltata all’occhio dei cinefili più intransigenti: nel 2015 si vociferava infatti della lavorazione di un film - prodotto e interpretato da Leonardo DiCaprio - tratto da un soggetto intitolato The Crowded Room, ispirato alla vera storia di Billy Milligan, un criminale statunitense ‘portatore’ di 24 personalità che a fine anni Settanta rapì e violentò tre studentesse. Di quel progetto non si seppe più nulla, in compenso ecco spuntare Split: semplice coincidenza? Chissà!

Comunque siano andate le cose… chapeau Mister Shyamalan, e bentornato nel sempre più strabordante mondo del ‘twist ending’.