Sully

Il 15 gennaio 2009 il volo US Airways 1549 partito da New York e diretto a Charlotte, viene ‘investito’ da quello che nell’inglese del gergo aeronautico è comunemente definito “bird strike”, ovvero l’impatto tra un velivolo e un uccello. Nel caso specifico, non uno ma bensì un intero stormo di uccelli. L’imprevisto e drammatico impatto tra i volatili e l’aereo di linea determinerà la rottura di entrambi i motori, e per il comandante Chelsey “Sully” Sullenberger cominceranno i minuti più lunghi e angosciosi della propria vita. Costretto in una manciata di secondi a prendere delle decisioni essenziali che potrebbero costare o salvare la vita a sé e agli oltre 150 passeggeri a bordo del velivolo, Sully rinuncerà a far ritorno verso una delle piste indicate dalla torre di controllo (ritenendo l’opzione non percorribile), e opterà invece per l’ammaraggio (un’impresa equivalente nella stragrande maggioranza dei casi a morte certa) nel sottostante fiume Hudson. Una scelta impossibile, di portata enorme, e che passerà alla storia come il “Miracolo sull’Hudson”. Perché, in barba ai manuali, alle simulazioni e alle mille teorie, Sully farà infine valere esperienza e pratica, intuizione e determinazione, compiendo il miracolo dell’ammaraggio e portando in salvo tutti, equipaggio e passeggeri, nessuno escluso. Nonostante ciò, la perdita inevitabile dell’aereo, i rischi dell’operazione compiuta, e le alte poste in gioco con le assicurazioni, innescheranno un’indagine della National Transportation Safety Board (agenzia investigativa statunitense deputata a eseguire rapporti in merito agli incidenti dei mezzi di trasporto) per valutare se l’estrema manovra posta in atto da Chelsey Sullenberger fosse davvero inevitabile.

A quasi novant’anni, con la bellezza di 36 film con quest’ultimo alle spalle, e all’attivo una marea di premi e riconoscimenti, Clint Eastwood mette in campo ‘l’artiglieria pesante’ e realizza uno dei suoi migliori film di sempre. Facendo indossare al veterano Tom Hanks l’uniforme del capitano Sully, Eastwood mette in scena il dramma di un uomo ‘costretto’ a fare il proprio lavoro, a esercitare le enormi responsabilità del proprio ruolo e a farlo fino in fondo, costi quel che costi.

Capitano vero (agli antipodi della recente cronaca nostrana) che si assume l’onere del proprio ‘comando’ ed è disposto a lasciare per ultimo la nave (in questo caso aereo) che affonda, il Sully di Tom Hanks ha la statura morale e professionale capace di fare la differenza. In poche parole, l’intuito e lo spirito giusti per occupare quel posto di comandante, meritato fino in fondo. Racconto biografico che prende le ‘mosse’ da una storia vera che abbraccia il miracolo per mutarsi in leggenda di bravura e determinazione professionale, Sully racconta l’eroismo di un uomo comune e unico, chiamato all’apice del suo compito e premiato proprio per non essersi tirato indietro e aver usato, nel momento del bisogno, il suo migliore ‘buon senso’. Sully (uno straordinario Tom Hanks) e il copilota Jeff Skiles (un ottimo Aaron Eckart) dimostreranno infatti di aver fatto il proprio lavoro - “we did our own job” - nonostante l’enorme difficoltà e posta in gioco di quel momento.

Il comandante Sullenberger dimostrerà come solo l’aver agito da umano e non da ‘macchina’, e l’aver sfruttato il suo intuito e la sua capacità di basarsi sull’esperienza accumulata in oltre 40 anni di servizio in volo, gli hanno permesso di prendere la decisione giusta, l’unica in grado di sventare il disastro. Scritto con grande efficacia e senso del ‘ritmo’ da Todd Komarnicki, valorizzato da un cast di ottimi interpreti in cui spicca uno strepitoso Tom Hanks, Sully è però e soprattutto il fine e lucido progetto di una regia superba, chiara e mai didascalica, intensa e mai sopra le righe, in cui ogni cosa è sapientemente ‘ottimizzata’. Gesti, parole, minuti, Eastwood dosa tutto alla perfezione in un film intenso, preciso, commovente, che disegna l’uomo come il ritratto dei suoi limiti ma soprattutto del suo grandissimo valore aggiunto, ovvero il libero arbitrio, quella capacità di poter talvolta cambiare con le proprie decisioni e il proprio ‘giudizio’ anche un fato già scritto.

Piccoli momenti di ironia, la ricostruzione spasmodica dei momenti dell’ammaraggio, i momenti clou dell’indagine portata avanti, segnano i tasselli di un quadro che si ricompone a meraviglia, le qualità di un film che osa ma resta sempre saldamente al comando, vincendo infine tutte le sue scommesse. Proprio così come Sully Sullenberger vinse caparbiamente e miracolosamente la sua.