The last laugh

Se perfino le vittime dei campi di concentramento nazisti – in alcuni dei quali, a quanto pare, vi era addirittura il cabaret – usavano l’umorismo per sopravvivere e resistere, per quale motivo l’Olocausto dovrebbe essere un argomento assolutamente proibito per la commedia?
Osservando che lo humour è l’arma dei più deboli, lo scrittore e cineasta israeliano Etgar Keret prova a risponderci insieme ai molti volti noti coinvolti dalla documentarista Ferne Pearlstein nel suo The last laugh, i cui ottantotto minuti di visione aprono sulle note di ‘O sole mio.

Ottantotto minuti di visione che, tra interventi degli attori Gilbert Gottfried e Susie Essman e dei comici Jeffrey Ross, Judy Gold, Sarah Silverman e Lisa Lampanelli, portano anche a scoprire come possiedano un nerissimo senso dello humour proprio i sopravvissuti di quel colossale eccidio del XX secolo; che una di essi, tra l’altro, osserva non essere stato la cosa peggiore accaduta sul pianeta Terra, nonostante i milioni di morti contati.

Sopravvissuti di cui viene anche mostrato un raduno a Las Vegas; man mano che emerge come l’umorismo rappresenti un modo per gestire una realtà insopportabile e che il genio della risata sul grande schermo Mel Brooks dichiara non solo che coloro che fanno comicità possono anche ricorrere al cattivo gusto, ma anche che La vita è bella di Roberto Benigni sia il peggior film mai fatto. Rivelandosi soltanto uno dei cineasti pronti a rilasciare dichiarazioni davanti alla camera, insieme al Larry Charles spesso al servizio di Sacha Baron Cohen, Carl Reiner e il figlio Rob, autore di Harry, ti presento Sally... e Stand by me – Ricordo di un’estate. Tutti rientranti in una folta combriccola di intervistati comprendente, inoltre, il veterano Robert Clary del mitico telefilm Gli eroi di Hogan e il produttore e sceneggiatore Alan Zweibel, attivo soprattutto nell’ambito dell’universo televisivo a stelle e strisce. Mentre si parla sia della maniera in cui la compianta Joan Rivers sia stata ritenuta offensiva, sia di altre controverse tematiche su cui è stata fatta ironia, dagli attentati terroristici dell’11 Settembre 2001 ai ne(g)ri fin dai tempi del cabarettista Lenny Bruce, attivo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. 

Con Charlie Chaplin e Jack Benny obbligatoriamente tirati in ballo all’interno di un agglomerato che, con immagini tratte dallo spielberghiano Schindler’s list – La lista di Schindler e dalla situation comedy statunitense Seinfeld, appare decisamente gradevole e veloce... pur senza essere esaltante in maniera particolare.