They: un racconto delicato e intimo sul divenire

La regista iraniana Anahita Ghazvinizadeh, dopo aver realizzato diversi cortometraggi incentrati su bambini e su temi collegati all'infanzia, ha sentito parlare per la prima volta di trattamenti pre-puberali legati all'identità di genere. Da questa curiosità nasce l'idea alla base di They, un film molto delicato e guidato da una curiosità legata al passaggio all'età adulta

Molto spesso le pellicole che parlano di identità di genere prendono una posizione rispetto alla transizione da un genere a un altro, tratteggiando intorno ai protagonisti ambienti ostili, in cui il loro modo di sentire viene osteggiato anche in maniera violenta. In questo caso il titolo They potrebbe essere fuorviante, quasi un'allusione a un conflitto tra protagonista e "loro", gli "altri". In realtá They è il pronome che J. sceglie di usare perché gli altri si rivolgano alla sua persona: non "lui" o "lei", ma "loro". In questo semplice pronome al plurale si legge in maniera chiara l'apertura a tutte le potenzialità di crescita. Questo tema è chiaramente leggibile nella metafora della serra, in cui le piante potrebbbero prendere ogni direzione possibile, prima che l'intervento umano prenda una decisione. Il bonsai, immobilizzato nel suo essere miniatura diventa in questo senso uno specchio di J. in cui l'illusione di non diventare nulla porta al paradosso di diventare comunque qualcosa. Il fatto che J. si trovi essenzialmente nella più totale solitudine di fronte alla sua scelta, ha l'effetto di renderla ancora più potente. 

Uno degli aspetti più interessanti è proprio l'idea di assenza, non solo di assenza di ostilità, ma anche di supporto. J. ha una sorella con un partner iraniano, che le danno un blando supporto, che nel complesso si traduce in una generale assertività nei confronti di qualunque decisione presa da J. Grandi assenti nella sua vicenda sono i genitori di J. al massimo evocati dal medico che segue la transizione, ma privi non solo di un viso, ma anche del semplice nome. Da questo punto di vista fa da contrappunto la famiglia iraniana del partner della sorella di J. vista come un punto di unione e di sostegno. Certo, l'unione è un aspetto più comune nelle famiglie di emigrati, tuttavia la differenza nella dialettica interna è lampante. 

Dunque un racconto intimo, quasi raccontato sottovoce che allude più che dichiarare, e che invece di svelare lascia molto a sensazioni più profonde e non del tutto spiegabili. L'ombra di Kiarostami come maestro ispiratore è palpabile ma mai opprimente.