Ulysses: A dark Odyssey. Il cinema italiano è morto? Forse no...

Che negli ultimi anni il cinema Italiano, tranne che in sporadici casi, non goda di buona salute è cosa nota. Tralasciando le problematiche legate all’asfittico mercato della distribuzione, tra i motivi di questo trend negativo ve ne sono due molto importanti: carenza di originalità negli script e totale mancanza di sperimentazione del linguaggio cinematografico. Bene, dopo avere assistito alla proiezione di Ulysses: A dark Odyssey, lungometraggio d’esordio di Federico Alotto (classe 1984), non si potrà che tuonare eureka! Certo, la voglia di condividere il piacere di aver finalmente assaporato un’opera originale capace di frantumare gli stagnanti schemi filmici presenti nel nostro Paese non ci farà correre nudi per le vie delle centro come si narra fece Archimede, ma poco ci manca. Sì, perché, al netto di qualche lungaggine di troppo, per merito del giovane regista torinese – coadiuvato alla sceneggiatura da Andrea Zirio e dall’affermato autore hollywoodiano James Coyne, Sherlock Holmes III – nel pubblico si farà strada la speranza di una sorta di rinascita del cinema nostrano.

Girato in lingua inglese e con un cast di attori provenienti da Paesi differenti (Andrea Zirio, Danny Glover, Udo Kier, Anamaria Marinca, Drew Kenney, Gianni Capaldi, Giovanni Mancaruso, Jessica Polski e la cantante Skin), Ulysses: A dark Odyssey è un prodotto di respiro internazionale che reinterpreta in chiave contemporanea il più grande poema classico scritto da Omero.

In un futuro distopico, dopo sette anni trascorsi in guerra un militare soprannominato Uli torna nella sua Taurus City per cercare la moglie Penelope. Accompagnato dall’amico fedele Niko, Uli inizierà sia un viaggio nei meandri di una città oscura governata dal potente e corrotto Michael Ocean, che una personale odissea nei labirinti della propria mente…

Il protagonista, muovendosi in una Torino quasi irriconoscibile, trasformata dall’ottima fotografia di Davide Borsa in un regno popolato da Dei dark e psichedelici, non solo dovrà fare i conti con creature ammalianti o terribilmente spaventose come la carismatica e ambigua veggente impersonata da Skin o il folle kebabbaro Popov, ma soprattutto sarà costretto a lottare contro i suoi demoni interiori: il lento riaffiorare di ricordi sepolti e l’accettazione di errori compiuti nel passato lo aiuteranno a riconquistare un’identità perduta da tempo. Lo spettatore che saprà calarsi senza pregiudizi in questa suggestiva e affascinante atmosfera - e poco importa se qualcuno faticherà a riconoscere i tratti dei moderni Poseidone, Eolo, Hermes, Calipso e Alcyde - potrà godere dei 110 minuti più innovativi che l’industria cinematografica italiana abbia portato sul grande schermo nelle ultime stagioni.

Grazie a una sceneggiatura solida seppur complessa, a un’interessante struttura narrativa che gradualmente si distacca dal racconto omerico per evolvere verso quello joyciano in cui le dinamiche psicologiche prendono il sopravvento, a un potpourri di generi (thriller, poliziesco, azione, dramma) e alla brillante idea di Zirio di unire il viaggio di Ulisse con gli avvenimenti moderni, Ulysses: A dark Odyssey appare un film fresco, non perfetto... ma imperdibile: un lavoro in cui il termine dejavu non trova fortunatamente spazio. Alla riuscita di quest’opera contribuisce senza dubbio la capacità attoriale dell’intero cast, dove la straordinaria bravura di Giovanni Mancaruso (Eolo) e Mario Acampa (Hermes) getta le basi per una seria riflessione sull’utilizzo nelle pellicole italiane dei soliti nomi noti a discapito di veri talenti poco conosciuti.

Il coraggio, la determinazione e l’abilità del filmmaker piemontese e del trentaduenne Andrea Zirio, che hanno fortemente creduto nel loro progetto - tanto da rinunciare alla lauta proposta di un producer statunitense pronto a stanziare i fondi per il film, ma a patto di scegliere lui stesso regista e attore protagonista -, sono stati elementi essenziali alla realizzazione di questa stupefacente ‘pellicola’ a firma italiana. Con un budget di 800.000 euro, faticosamente ottenuto mediante il sostegno della Film Commision Torino Piemonte, della Banca del Piemonte e del lungimirante imprenditore Alberto Sola, il film è stato prodotto e sarà distribuito in 25 copie dalla Adrama Srl, società di produzione indipendente fondata nel 2014 dai 5 ragazzi torinesi: Federico Alotto, Andrea Zirio, Vanina Bianco, Alessia Pratolongo e Thomas Tinker, che è doveroso nominare.

Destrutturare un poema classico e ricomporlo attraverso contenuti odierni non era impresa facile, ma Federico Alotto e Andrea Zirio hanno centrato l’obiettivo. Eppur si muove… già, il nostro cinema comincia a muovere nuovi passi.