Un Mostro dalle Mille Teste

Secondo i cantori dell’antica Grecia per decapitare l’Idra di Lerna bastò la sola forza di Ercole, anche se in realtà venne aiutato dal fidato Iolao. Nella società contemporanea le nove teste del mitologico serpente marino, moltiplicatesi purtroppo a dismisura, appaiono invece immortali. Inefficienza, burocrazia e corruzione sono infatti a capo di un mostro senza cervello né cuore: un orrido sistema moralmente contaminato incentrato esclusivamente sul profitto.

Uruguayano di nascita, ma trasferitosi all’età di nove anni in Messico, Rodrigo Plà prende a prestito il genere thriller per sferrare una durissima critica sociale verso il suo Paese d’adozione, dove i diritti dei comuni cittadini vengono giornalmente schiacciati dal potere tentacolare del dio denaro. Il regista sudamericano in Un Mostro dalle Mille Teste - trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo scritto dalla moglie Laura Santullo, e presentato nella Sezione Orizzonti del Festival di Venezia 2015 - racconta la parabola di disperazione che porterà una donna, Sonia Bonet, ad impugnare un’arma pur di ottenere da un’assicurazione sanitaria quanto le spetta: un farmaco per il marito gravemente malato.

Il tema trattato in quest’opera, di grande attualità anche in Italia, è il perno su cui ruota l’intera narrazione. L’attenzione dello spettatore non viene però catturata soltanto dalla rappresentazione di drammatiche e talvolta kafkiane vicende, ma soprattutto dall’originalità con cui Rodrigo Plà riesce a metterle in scena. La spirale di violenza in cui scivolerà Sonia, che da moglie pacata e riflessiva si trasformerà in implacabile carnefice, è infatti narrata da più punti di vista, cosicché il pubblico conoscerà la verità attraverso lo sguardo di ogni personaggio. L’intero film si presenta quindi come una ricostruzione della memoria dei diversi protagonisti, e questo sorprendente escamotage dona al lungometraggio un perfetto equilibrio tra empatia e accusa. Sì, perché se da un lato la personificazione con Sonia avverrà spontaneamente, dall’altro non mancheranno le critiche ai suoi comportamenti.

Grazie all’uso di un linguaggio cinematografico fatto di continue alternanze tra giochi di specchi, vetri, riflessi e fuori quadro, piuttosto che immagini sfocate e nitidissimi primi piani, si spalancano le porte anche ad un'altra chiave di lettura, quella della distorsione della realtà. La soggettività raffigurata da Plà diventa infatti l’elemento focale del suo lavoro: la verità alterata dai ricordi delle persone. Il grande pregio del filmaker messicano sta dunque nell’avere stravolto completamente i classici canoni del thriller senza però minarne la giusta miscela di suspense e denuncia. Questa stupefacente alchimia di nuove forme stilistiche, unita sia ad una regia asciutta ed efficace che alla bravura del cast, tra cui spicca la carismatica Jana Raluy, fa di Un Mostro dalle Mille Teste un lavoro estremamente interessante tanto per contenuti quanto per tecnica.

Miti come quello di Ercole al giorno d’oggi non se ne creano più, siamo in balia di supereroi che non fanno altro che darsele di santa ragione. E intanto il mostro prolifera...