Villetta con ospiti: chi è senza peccato, scagli la prima pietra

Il trionfo dell'ipocrisia, nel nuovo film di Ivano De Matteo con Marco Giallini, Michela Cescon, Massimiliano Gallo, Erika Blanc, Cristina Flutur, Bebo Storti e Vinicio Marchioni.

Un racconto racchiuso in un'unica giornata, che mette a nudo le verità nascoste di una ricca cittadina della provincia del nord d'Italia; dalla proprietaria di una casa vinicola al poliziotto, dal parroco al medico stimato, tutti si macchiano di una colpa, tutti sono complici, tutti sono parte della fitta rete che a poco a poco si stringe intorno ad un'unica vittima.
Perché come in ogni piccola cittadina, tutti sanno tutto di tutti, i pettegolezzi viaggiano veloci tra una piega dal parrucchiere o l'intimità di una cucina e gli scheletri, accuratamente nascosti nei vari armadi, prima o poi si ritrovano uno accanto all'altro, a svelare una tresca, un ricatto, un'insoddisfazione cocente.

Ambientato in Veneto, a Bassano del Grappa per la precisione, sebbene alcune riprese siano state effettuate anche ai Castelli romani, il nuovo film di De Matteo prende spunto da una tematica recente e molto scomoda quale il possesso di armi e la relativa questione della difesa personale.
Come spiegato durante la presentazione del film avvenuta a Roma, normalmente si tenderebbe a localizzare certi eventi drammatici in aree per lo più disagiate. Il regista invece, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Valentina Ferlan, ispirandosi ad un reale fatto di cronaca, ha incastonato la vicenda in un ambiente benestante, un ambiente in cui la scelta giusta potrebbe essere fatta senza grosse riflessioni; i personaggi di Villetta con ospiti, tuttavia, fanno quella sbagliata, motivati dalla paura e dallo spettro di future ripercussioni sulle loro vite.

Marco Giallini e Michela Cescon sono Giorgio e Diletta e hanno due figli, la cui grande, Beatrice (Monica Billiani), vive a pieno titolo la sua crisi adolescenziale; nella grande casa di famiglia vive la signora Tamarin, interpretata egregiamente da Erika Blanc, che dà il volto ad una orgogliosa nonché dispotica anziana che impartisce ordini, subito dopo aver ricoperto di insulti chiunque le capiti a tiro, in primis la figlia che ha sposato “quel terùn di Roma”. Proprio lei, macchietta al tempo stesso veritiera e smaccatamente insolente, è l'unica i cui dialoghi suscitano ilarità e smorzano il tenore drammatico della vicenda.

La domestica rumena sottopagata, interpretata in maniera eccelsa da Cristina Flutur, vincitrice come migliore attrice a Cannes per Oltre le colline, è infatti la detentrice del ruolo più drammatico, colei sulla quale gli squali si avventano nella resa dei conti finale. La straniera, rumena per di più. Un capro espiatorio perfetto, in un momento in cui “l'altro” è visto con sospetto se non addirittura con odio.

Fin dalla sequenza iniziale, con i cacciatori senza scrupoli che gioiscono dopo l'uccisione di un lupo, la narrazione si impenna con un crescendo di intensità verso l'annientamento di tutti i valori, verso la disgregazione delle coscienze. Se la prima metà del film è ambientata di giorno, con la luce esterna a illuminare ad uno ad uno i personaggi e gli ambienti in cui agiscono, il temporale trascina il racconto in un imbuto in cui paure e rancori prendono il sopravvento; la fotografia di Maurizio Calvesi sposa perfettamente la sceneggiatura, rischiarando la prima parte e concentrandosi poi sugli interni angusti e bui, nei quali si consuma l'atto finale della storia. E se inizialmente la macchina da presa si muove tra le strade e le piazze del paese, soffermandosi sui palazzi antichi prima e sugli animali del bosco poi, il passo successivo è intrufolarsi con passo felpato nei meandri della grande villa, dove i giochi di luce e ombra accentuano il senso di incertezza e di tragedia imminente.

Visivamente attento ai dettagli, il film si fa via via più simile ad una pièce teatrale i cui protagonisti, uno per uno, imprigionati tra le mura domestiche, si scrollano di dosso la colpa, privi ormai, ai nostri occhi, di qualsiasi forma di redenzione.

Se stilisticamente Villetta con ospiti risulta indubbiamente accattivante, la base narrativa sembra tuttavia avere qualche falla e si dimostra troppo incentrata su una macchia dilagante di immoralità che incrosta tutti i protagonisti, nessuno escluso, risultando poco plausibile.

Il lavoro di squadra, tuttavia, emerge in tutta la sua forza e il regista, a detta di tutti, è stato una guida instancabile; “come una squadra che ha un buon allenatore”.