Who will write our history. Il ghetto di Varsavia e i ribelli dell’Oyneg Shabes

Nel novembre del 1940, i nazisti rinchiusero nel ghetto di Varsavia oltre 450.000 ebrei. Il gruppo Oyneg Shabes (la gioia del Sabato), composto da scrittori, giornalisti, rabbini, dattilografi, ricercatori e capi di comunità, progettò in gran segreto di contrastare le menzogne della propaganda tedesca con carta e penna. Guidato dallo storico Emanuel Ringelblum, che - conscio del ruolo di organizzatore che da intellettuale avrebbe potuto svolgere - allo scoppio della guerra decise di rimanere in Polonia, l’Oyneg Shabes si dedicò a raccogliere ogni tipo di documentazione da lasciare ai posteri: diari, testimonianze degli abitanti, giornali clandestini, saggi, carte annonarie, poesie, fotografie, disegni, e addirittura pezzi di carta di caramelle che andarono a formare quello che oggi è conosciuto con il nome di Archivio Ringelblum, divenuto nel 1999 patrimonio dell’UNESCO.

Ora, per la prima volta, questa vicenda è raccontata in un documentario, Who will write our history, scritto e diretto da Roberta Grossman, e presentato alla 13° Festa del Cinema di Roma come evento speciale. Grazie a rari filmati e immagini di repertorio, interviste e ricostruzioni storiche, il film narra con estremo rigore quel periodo che va dal 1939 fino alla liberazione della Polonia, e lo fa attraverso lo sguardo degli ebrei relegati nel ghetto. La regista statunitense, che riesce a trovare l’equilibrio perfetto tra finzione e realtà, catapulta gli spettatori in una vera e propria gimkana di emozioni: una spirale di dolore e vergogna per ciò che l’essere umano è stato, e purtroppo è tuttora, in grado di fare.

‘Come saremo ricordati? E chi scriverà la nostra storia?’. Questa preoccupazione era la motivazione alla base di quel gruppo di 60 “ribelli” che cercarono di preservare la verità durante l'Olocausto. Già, perché la Storia è solitamente scritta dai vincitori, e Ringelblum e i suoi compagni, spaventati dal fatto che non vi sarebbero rimasti superstiti ebrei che potessero testimoniare le brutalità del regime nazista, o addirittura per continuare il retaggio del giudaismo in Europa, mai e poi mai avrebbero lasciato ai tedeschi la libertà di riscrivere la storia del popolo ebraico. Le voci fuori campo di Adrien Brody e di Joan Allen, che leggono le pagine dei diari dei protagonisti, accompagnano quelle immagini terrificanti che mostrano al pubblico gli atroci orrori perpetrati in nome di un’ideologia folle e disumana: una dottrina dissennata che spezzerà la vita di milioni di persone.

Bellissimo e doloroso, ma capace di inchiodare lo spettatore alla sedia, Who will write our history - che oltre alla stessa filmmaker vede come produttrice Nancy Spielberg - ricorda a tutti noi che, soprattutto adesso che i sopravvissuti ai campi di concentramento vanno via via scomparendo, la grande valenza della tradizione scritta sta proprio nel tenere viva la memoria per le generazioni future. Il seme dell’intolleranza e dell’odio, ai nostri giorni così facile ad attecchire, si combatte soprattutto con la conoscenza, perché "un Paese senza memoria è un Paese senza futuro"...