Impressioni dal Festival di Sitges - Day 5

Carles Torrens, 32 anni, nativo di Barcellona ha studiato cinema negli Usa alla Chapman University. Al suo secondo film dopo Emergo (2011), è in concorso al 49° Festival de Cinema Fantàstic de Catalunya con Pet, girato a  Los Angeles su sceneggiatura di Jeremy Slater. Viene spontaneo mettere il film in relazione con Il collezionista (1965) di William Wyler perché anche qui si narra di un giovanotto che sequestra una ragazza. La differenza consiste in parte nel fatto che ne è innamorato, ma soprattutto nella personalità insospettata della reclusa. Andando per ordine, Seth (Dominic Monaghan) incontra su un bus di linea Holly (Ksenia Solo), una ragazza che ha studiato nello stesso liceo. Lui lavora in un canile; lei è cameriera in uno snack, e scrive quotidianamente su un’agenda. Lui l’invita a cena; lei lo evita. Quando lui l’importuna nello snack, un compagno di Holly gli spacca il muso e lo butta fuori. Seth non si da per vinto. S’introduce nell’appartamento della ragazza, la narcotizza e la porta nella cantina del canile dove le ha preparato una gabbia. S’instaura un rapporto vittima carnefice durante il quale Seth tenta di far valere il proprio innamoramento. Senonché leggendo l’agenda della ragazza, scopre che anche Holly ha qualche scheletro nell’armadio. S’intravvede una probabile collaborazione tra i due, e sarà bene lasciare agli spettatori la scoperta di chi è il più forte. Scorrevole la regia di Torrens, e nei panni giusti gli attori in un racconto di novanta minuti.

 In concorso anche un film dalla Settimana della Critica di Cannes: il franco-belga Grave, primo lungometraggio della trentatreenne Julia Ducourneau, il cui titolo inglese è Raw (Crudo), come i pasti preferiti dalle due protagoniste. Si apre con Justine, un’adolescente vegetariana che si accinge a frequentare veterinaria. Quando gli anziani, in un rituale d’iniziazione, le fanno inghiottire un boccone di carne, le si riempie il corpo di pustole. Superata l’infezione il comportamento della ragazza cambia. Durante un incidente la sorella maggiore si taglia un dito. Justine telefona al pronto soccorso, ma aspettando si sente sedotta dal dito: lo porta alla bocca, lo succhia e quasi distrattamente inizia a masticare. L’insolita vicenda di cannibalismo comincia in questo modo coinvolgendo le due sorelle che apporteranno lutti nel campus universitario. Garance Marillier ed Ella Rumpf sono impeccabili nelle vesti delle due sorelle, e credibili quanto il racconto è fantastico pur sviluppandosi in maniera quasi glaciale. Circa cento minuti la proiezione durante la quale in sala nessun segno di vita!

 Che dire del belga Harry Cleven, che esordì nel 1993 con Abracadabra e che ora presenta in concorso Mon Ange (Angelo mio) un film di 79 minuti nei quali narra la vicenda del figlio di un illusionista che riusciva a scomparire dinanzi al pubblico. Si dà il caso che il piccolo sia invisibile e che la madre gli insegni fin da bambino a tenersi in disparte dalla gente che potrebbe fargli male. Nella casa nel bosco crescerà frequentando soltanto la coetanea non vedente della casa accanto ed è inevitabile la reciproca attrazione. Poi lei parte per dieci anni e quando ritorna ha anche riacquistato la vista. Cosa fare? Il regista ha impiegato il suo talento per descrivere un personaggio invisibile senza dargli forma mediante panni o colori, ed è riuscito nell’intento. Quello che langue è il racconto. Una volta stabilito l’aspetto romantico di un amore quasi impossibile il film si chiude.

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