35° Jerusalem Film Festival: Day 5

Tra gli ultimi tre film delle sezioni di concorso dedicate a opere prime, anche un film d’animazione già presentato alla Berlinale. Virus Tropical, diretto da Santiago Caicedo e prodotto da Colombia ed Ecuador, si avvale di animatori quali David Restrepo, Manuel D’Macedo, Felipe Sanín, Carolina Gomez. Girato in bianco e nero per un percorso di 97 minuti, narra la storia di un paio di generazioni attraverso la vita di una famiglia vista dall’ultima nata, Paola. In realtà il film si apre con la madre in visita da medici che le diagnosticano un virus tropicale, fino ad arrivare a quello giusto che le rivela la gravidanza. E la neonata suscita la gelosia della sorella e l’imbarazzo del padre prete che approfittando della visita dell’anziana madre lascia Quito e la famiglia per andare a vivere con lei a Cali in Colombia.

  Film di donne e di adolescenti desiderose di indipendenza tra risvegli sessuali e piccole liti, segue il normale tran tran della vita: crescita, distacchi. matrimoni e nuovi … virus tropicali. Con lo spirito de I Simpson, e con una grafica apparentemente povera e semplificata il film riesce a coinvolgere lo spettatore nei problemi di una famiglia in movimento tra Ecuador e Colombia man mano che appaiono alla ribalta altri figli e altri problemi. Dalla Graphic Novel di Paola Power una galleria di ritratti di donne di tutte le età e di tutti gli strati sociali.

   Turbamenti adolescenziali femminili sono anche al centro degli altri due film. Red Cow (Vitello rosso) dell’israeliana Tsivia Barkai Yacov ci introduce nell’ortodosso insediamento judeo di Silwan in territorio palestinese a est di Gerusalemme. Benny, florida diciassettenne dai capelli rossi che ha perso la madre alla nascita, vive col padre, religioso fondamentalista. E si sostengono reciprocamente fino a quando la ragazza sente forti impulsi sessuali. Si confida con una coetanea, introversa e autolesionista, e la loro intesa sbocca in un caloroso approccio sessuale. Per Benny è una liberazione, ma la sua foga intimorisce la partner che mette fine ai loro approcci. Il titolo, che gioca sul vitellino rosso nel giardino di Benny e sul colore dei capelli della ragazza, ha anche un riferimento nella Torah dove si parla di un vitello rosso portato sul Monte degli Ulivi per essere macellato e bruciato.

  Interpretato da Avigayil Koevary, Gal Toren, Moran Rosenblatt, il film dura 91 minuti e mette in risalto le scelte dell’adolescente, personali, sociali e religiose, dopo l’infuocata relazione sessuale. Sullo sfondo i problemi dei rapporti israelo-palestinesi, i piccoli affrontamenti quotidiani e il delirio religioso del padre che sostiene il prossimo avvento della redenzione.

  L’afflato con una coetanea cambia anche il comportamento di Mati, protagonista di L’animale dell’austriaca Katharina Mückstein. Già in  Panorama alla Berlinale, il film si svolge in un paese dove l’adolescente, nell’anno in cui sta preparando la maturità, occupa molto tempo con una banda di giovani motociclisti che fanno il bello e il cattivo tempo. Si comporta infatti come un ragazzaccio che intimorisce coetanei indifesi e che trascorre molto tempo in birreria con la banda. Collabora anche con la madre veterinaria e quando una ragazza si presenta con un gattino malato, nasce una simpatia che le sarà d’aiuto. Uno della banda, infatti, s’innamora di lei e l’infastidisce. Per tutta risposta, Mati si rifugia in casa della nuova amica. E le cose non vanno meglio per la madre, che scopre tradimenti del marito e deve decidere se affrontare il problema o far finta di niente. Un racconto di 100 minuti con qualche eccesso nel comportamento della banda e  con la canzone di Franco Battiato L’animale che chiude il film.

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