Cinelatino, 31es rencontres de Toulouse: giorno 1

El viaje extraordinario de Celeste Garcia (Lo straordinario viaggio di Celeste Garcia) del cubano Arturo Infante, già presentato al Festival di Toronto, ha inaugurato Cinelatino, 31es rencontres de Toulouse. Con quattro giurie principali: finzione, documentari, corti, Focus îles caraïbes, e con un centinaio di film in catalogo, il Festival concluderà i dieci giorni di competizione domenica 31 marzo. Tra i numerosi ospiti di questo appuntamento col cinema latinoamericano sulle rive della Garonna, Fernando Solanas e Luis Sepúlveda guidano una schiera di una cinquantina di cineasti.

  Tredici i lungometraggi di finzione che concorrono per il Grand Prix Coup de Coeur. Del quarantacinquenne brasiliano Helvécio Marins Jr, il cui primo film del 2011, Girimunho, ottenne il Prix Interfilm alla 68° Mostra di Venezia, è stato presentato un film al limite tra documentario e finzione, Querência (Attaccamento). Nativo di Belo Horizonte, il regista narra di Marcelo, un allevatore di bestiame che ha una fattoria nella regione di Minas Gerais, il quale subisce un attacco a mano armata da parte di banditi che gli sottraggono un centinaio di capi di bestiame riducendolo sul lastrico. Senza più lavoro e costretto ad abbandonare il luogo e gli amici, Marcelo rispolvera un vecchio sogno, quello del rodeo di tori. E prima di congedarsi organizza un torneo che è al centro del film e che riporta lo spettatore a un mondo antico, quello delle sfide personali dove uomini semplici si misurano in una pericolosissima tauromachia per una affermazione di sé che li ricompensi di altre sciagure e disfatte. Girato quasi sempre al crepuscolo e con scene notturne, il film si svolge al limite tra il giorno e la notte, ma anche tra l’invadenza del reale e il rifugio nel sogno, e tra la solitudine di chi è costretto a congedarsi e l’affetto degli amici. Per coloro che vivono in aree urbane, il film, pur svolgendosi ai nostri giorni, sembra rievocare atmosfere campestri dell’Ottocento. Prodotto da Brasile e Germania, dura novanta minuti.

  Totalmente differente l’atmosfera che si respira nel film messicano Las niñas bien (Le ragazze di buona famiglia) della trentasettenne Alejandra Márquez Abella, già visto in alcuni Festival del 2018. Basato sul romanzo di Guadalupe Loaeza, mostra il mondo dorato di Sofia, moglie ideale di un magnate, la quale trascorre le giornate tra raffinati ricevimenti che allestisce nella sua villa, sale da tè e campi da tennis. Siamo a Città del Messico nel 1982, e il mandato del presidente López Portillo è al termine. Chiuderà in una maniera infamante, ma soprattutto lascerà il paese sul baratro della bancarotta. E anche per Sofia la bella vita ha le ore contate. Gli americani ritirano i loro investimenti, i pesos si svalorizzano in rapporto al dollaro, e molti imprenditori messicani vengono risucchiati da un inevitabile declino. Quello che illustra il film è il mondo dell’opulenza e dell’eleganza, del lusso a oltranza, dei beni firmati e della concorrenza spietata nell’allestimento di ricevimenti, ma anche del chiacchiericcio e delle invidie che si imbastiscono alle spalle di tutti. La più colpita è una giovane donna, sposata con un faccendiere di successo, ma che alla fine risulterà vincente perché l’attività del marito per quanto considerata rozza ha solide basi sul territorio. Di Sofia il film descrive l’apoteosi e il progressivo declassamento sociale che porta allo scontro col marito nel quale si insultano e si dilaniano. Poi la riconciliazione suggerita dalla nuova situazione li induce a collaborare con la persona che fino a quel momento avevano denigrato. La regista che nel 2011 aveva girato il documentario Mal de tierra e nel 2015 il lungometraggio di finzione Semana santa ha racchiuso in novantatré minuti l’eden dorato della upper classe di un popolo che quotidianamente tenta di varcare il confine con gli USA in cerca di una vita migliore.

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